Biostimolanti, un mercato in fermento

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I biostimolanti sono in grado di apportare modifiche significative al sistema suolo-pianta aumentandone l’efficienza. Favoriscono anche le capacità di recupero della pianta

L’intero comparto dei mezzi tecnici per l’agricoltura vive una stagione critica. Diminuiscono i consumi, si moltiplicano le critiche, spesso immotivate o dettate solo dall’ignoranza, calano le marginalità ed anche i commercianti sono in difficoltà quando propongono fertilizzanti tradizionali e di largo consumo.

In tale contesto c’è, però, un settore di nicchia che continua a crescere e a garantire buoni margini di guadagno. Ci riferiamo al mondo dei biostimolanti intorno al quale vi è enorme attenzione dal punto di vista agronomico e ruotano altresì grandi interessi economici.

Relativamente a quest’ultimo punto, basti considerare che le ultime stime prevedono un mercato mondiale che sfiorerà i 3,2 miliardi di dollari entro 4 anni, vale a dire quasi il doppio di quanto fatturato nel 2016. Si tratta, quindi, di un settore che mostra tassi di crescita molto elevati e non è un caso che in tale comparto siano particolarmente attivi i fondi d’investimento abituati a lavorare con percentuali annuali di crescita a due cifre.

L’interesse economico è ovviamente direttamente proporzionale a quello agronomico in quanto si tratta di mezzi tecnici legati a temi ambientali, colturali e di sostenibilità. Le sostanze interessate sono quelle che, in questi ultimi anni, si sono dimostrate in grado di migliorare le performance agronomiche di colture estensive ed intensive, industriali e di nicchia, dalle commodity all’orticola specialistica.

Parliamo di estratti umici e fulvici, di prodotti a base di alghe e microalghe, di derivati animali e vegetali (estratti di piante), di microrganismi e di amminoacidi di varia natura. Tali prodotti, forniti alle colture per via fogliare e/o radicale, si sono mostrati in grado di apportare modifiche anche significative all’intero sistema suolo-pianta arrivando ad aumentarne l’efficienza (nella sua accezione più ampia) così come le capacità di recupero della pianta.

La distribuzione

Il canale distributivo si deve barcamenare tra fabbricanti e utilizzatori finali e, quando si tratta di prodotti a elevato valore aggiunto, non sempre è facile conciliare i ruoli che commercianti, consorzi e cooperative devono svolgere all’interno della filiera.

La vendita di un biostimolante non si può certo paragonare a quella di un concime minerale di largo consumo. È diverso il prezzo per unità di peso anche se, alla fine, la spesa ad ettaro può non discostarsi molto da quella di un “normale” intervento di concimazione.

Paradossalmente, questa è proprio una delle maggiori difficoltà. Non occorrono particolari sforzi per spiegare a un agricoltore che 500 kg/ha di urea su mais ne aumentano quantità e qualità al raccolto, molto più complicato può essere il dover spiegare che un litro ad ettaro di biostimolante è in grado di migliorare l’efficacia della concimazione azotata oppure che l’incremento qualitativo della produzione agricola sarà tale da compensare abbondantemente la spesa per l’acquisto del biostimolante stesso.

Tutto ciò viene reso ancor più difficile dal fatto che sul mercato esistono migliaia di prodotti, non tutti a norma, alcuni venduti come pozioni miracolose e, in generale, con uno scarso supporto scientifico. Gli agricoltori più attenti decidono comunque di informarsi: studiano il prodotto su internet, dalle brochure e/o dai cataloghi, chiedono al loro distributore di fiducia, leggono articoli e domandano in giro.

Esistono però anche utilizzatori finali più creduloni che si affidano con troppa fretta al primo arrivato e che poi, una volta viste deluse le loro aspettative, diventano i peggiori detrattori dell’intera categoria. È, quindi, necessario dare un’accelerazione alla ricerca e indirizzare meglio lo sviluppo di tali prodotti.

Anche dal punto di vista legislativo è assolutamente indispensabile arrivare a normare correttamente la materia e il nuovo regolamento Ue sui fertilizzanti potrebbe essere un’ottima opportunità, sperando che si arrivi sino in fondo e che venga pubblicato senza tante ulteriori manomissioni.

Altra interessante iniziativa è stata la creazione (fortemente voluta dai produttori italiani) di una sorta di associazione europea (Ebic) che si è subito presentata come “portatrice d’interessi” anche nei confronti delle istituzioni Comunitarie. Il fatto che, recentemente, siano entrati a far parte di Ebic alcuni colossi della chimica “tradizionale” come Basf, Bayer, Fmc, Monsanto e Syngenta, la dice lunga su quello che ci si attende da questo settore.

Attenzione ai prodotti

I distributori devono però porre particolare attenzione a quello che acquistano. L’uso del termine “biostimolante” è, al momento, riservato agli 11 tipi di fertilizzanti elencati nell’allegato 6 (sezione 4.1) del dlgs 75/2010, si tratta di prodotti venduti con l’aliquota Iva agevolata del 4% e la legge stabilisce persino che non è consentito dichiarare proprietà biostimolanti alla miscela di uno degli 11 tipi con altri fertilizzanti compresi nel dlgs.

Ricordiamo che l’articolo 12 del citato decreto, al comma 3 spiega che i distributori non possono essere sanzionati quando l’irregolarità è riconducibile esclusivamente al fabbricante per composizione difforme e/o proprietà interne del prodotto. In termini pratici significa che, in caso di irregolarità dal punto di vista analitico, verrà sanzionato solo il fabbricante ed al commerciante, nella peggiore delle ipotesi, sarà sequestrato il prodotto non conforme.

Tuttavia se l’irregolarità è evidente anche in termini di etichettatura ed il distributore può trarre da ciò beneficio, la sanzione prevista dal comma 2, lettera b) del citato articolo 12 (da 2.500 a 6.000 euro in caso di etichetta non conforme) potrebbe essere comminata anche al punto vendita in associazione al sequestro del prodotto. Ne consegue che, parlando di biostimolanti, se si utilizza tale termine su fertilizzanti che non se ne possono fregiare o, peggio ancora, su prodotti generici venduti con Iva al 10% o al 22%, anche il distributore potrebbe essere colpito e non necessariamente con la sola sanzione amministrativa.

L’invito ad una maggiore attenzione al momento dell’acquisto è rivolto quindi ai commercianti che agiscono in buona fede e che si rendono inconsapevolmente complici di vere e proprie frodi in commercio. Suggeriamo di prestare attenzione a quello che si acquista, di controllare sempre bene le diciture per verificare la presenza o meno del termine “biostimolante” e la coerenza con la restante parte dell’etichetta e con l’aliquota Iva applicata.

I biostimolanti sono senza dubbio un’ottima opportunità dal punto di vista tecnico-commerciale ma le insidie che si nascondono dietro a tale mercato sono altresì fonte di nuove preoccupazioni. Il miglior consiglio resta sempre quello di rivolgersi ad aziende di affermata serietà, conosciute sul mercato anche dagli utilizzatori finali e con una rete di tecnici qualificati a supporto delle vendite.

Leggi l’articolo su AgriCommercio & Garden Center n. 3/2018

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Biostimolanti, un mercato in fermento - Ultima modifica: 2018-04-24T17:00:42+02:00 da Barbara Gamberini

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