I roditori, fin dall’epoca preistorica, rappresentano una continua minaccia per le derrate alimentari, oltre a costituire un pericolo per l’uomo a causa delle malattie, a partire dalla leptospirosi, trasmissibili (zoonosi). Per ridurne il numero, da decenni si utilizzano ampiamente gli anticoagulanti, sostanze chimiche efficaci perché hanno un’azione posticipata, una bassa dose d’impiego e sono prive di sapore.
Le tre tipologie di topicidi anticoagulanti
I rodenticidi anticoagulanti impiegati per le esche fanno parte di tre famiglie chimiche distinte:
- i derivati dall’idrossi-4 cumarina, il cui capostipite è rappresentato dal warfarin;
- i derivati dagli indandioni, ovvero il chlorophacinone e il diphacinone;
- infine, i derivati dall’idrossi-4 benzothiopyranone, come il difethialone, aventi tutti un meccanismo d’azione similare.
Gli anticoagulanti sono antagonisti della vitamina K e agiscono interferendo con la normale sintesi e attivazione, a livello del fegato, di alcuni fattori indispensabili alla coagulazione (Fattori II, VII, IX e X).
La tossicità delle sostanze anticoagulanti varia in base al principio attivo e alle modalità di capacità di degradazione negli organismi. Gli anticoagulanti, infatti, possono essere ulteriormente distinti in tre generazioni:
- la prima generazione necessita di assunzioni ripetute affinché si estrinsechi l’effetto anticoagulante e ha una moderata tossicità;
- la seconda necessita di una singola assunzione e ha una tossicità elevata;
- la terza generazione necessita sempre di una singola assunzione, ma ha una tossicità estremamente elevata in quanto i principi attivi permangono nell’organismo dell’animale anche per mesi.
I principi attivi
Il warfarin è stato il primo anticoagulante venduto sul mercato, ma oggi viene impiegato raramente come rodenticida e largamente in medicina nelle terapie anticoagulanti (Coumadin).
Dal warfarin derivano tre comunissimi principi attivi rodenticidi:
- il primo è il bromadiolone, il più usato in Europa perché molto efficace contro ratti e topi con una/due ingestioni;
- il secondo è il difenacoum, preferibile in caso di presenza di animali domestici perché è 5 volte meno tossico del bromadiolone e 20 volte meno del brodifacoum;
- il brodifacoum, infatti, è l’anticoagulante più potente perché richiede più tempo per essere degradato nell’organismo: una sola ingestione può risultare mortale per roditori resistenti ad altri anticoagulanti, e va utilizzato proprio quando gli altri principi attivi non sono risultati efficaci.
Viene comunemente utilizzato anche il chlorophacinone, anticoagulante a dose multipla della famiglia degli indandioni. È meno tossico per gli animali non bersaglio in situazioni di avvelenamento primario e secondario rispetto agli altri anticoagulanti multipli perché rimane meno tempo nel corpo dell’animale.
Modalità di azione
L’azione si manifesta a qualche giorno dall’ingestione, fra 2 e 15 giorni in base allo stato fisico dell’animale, alla quantità di esca ingerita e alla tipologia/tossicità del principio attivo. Gli anticoagulanti provocano emorragie interne che indeboliscono l’animale, portandolo a rimanere nella sua tana.
I rodenticidi anticoagulanti vengono assorbiti, lentamente, già a livello orale. In circolo si legano alle albumine e vi si mantengono per lunghi periodi (quelli di terza generazione anche più di 140 ore): il loro metabolismo (cioè i processi di eliminazione dall’organismo) è estremamente lento. Inoltre si instaura un ricircolo entero-epatico, con lunga persistenza delle sostanze tossiche nel fegato e dunque in circolo: nel caso degli anticoagulanti di terza generazione, questi si ritrovano in circolo anche oltre 180 giorni dopo l’assunzione.
Il tempo che intercorre fra l’assunzione dell’anticoagulante e la comparsa dei segni clinici è variabile ed è legato alla tipologia di anticoagulante assunto e alla dose, ma anche allo stato fisiologico dell’animale e alla quantità di fattori anticoagulanti attivi in circolo. Una volta finita la “scorta” di fattori della coagulazione circolanti, iniziano a comparire i segni clinici caratteristici.
La vitamina K1 è l’antidoto specifico di tutti gli anticoagulanti.
Cosa consigliare al cliente
Risulta quindi fondamentale, per un valido rivenditore, saper consigliare il prodotto giusto per il contesto di ciascun cliente, in particolar modo se possiede animali domestici o se si trova a dover combattere un’infestazione resistente ad altri rodenticidi.
Va da sé che tutte le esche, indipendentemente dal grado di tossicità, devono essere protette all’interno delle apposite custodie per evitare comunque ingestioni accidentali da parte di animali non bersaglio (ed eventualmente bambini) che portano in ogni caso a situazioni spiacevoli.
Non devono, cioè, essere lasciate esposte alla vista e alla libera presa di chicchessia. Consigliate sempre anche l’acquisto del contenitore di sicurezza (che è riutilizzabile infinite volte), spiegandone le motivazioni al cliente.
Leggi le schede tecniche sulla rivista Agricommercio e Garden Retail n. 5/2023
Dall’edicola digitale al perché abbonarsi