I prezzi del mais sul mercato sono in ripresa e questo lascia ben sperare gli agricoltori. Allo stesso tempo però, purtroppo, le rese sono in calo e i costi produttivi in aumento. È questo il quadro che delinea la campagna di raccolta del mais nazionale, coltura che ancora una volta conferma le difficoltà che i produttori si trovano ad affrontare da anni.
Sul piano delle rese produttive la stagione non è stata delle più favorevoli. Il freddo primaverile a inizio stagione, ma soprattutto la prolungata siccità primaverile-estiva, hanno segnato negativamente le potenzialità produttive del cereale, tanto che, laddove si è seguita la coltura con ripetuti interventi irrigui di soccorso, si sono limitati i danni con rese comunque in calo di un 10-15% rispetto allo scorso anno.
ACQUA INDISPENSABILE
Dove invece non si è potuta seguire la coltura in modo adeguato con copiose irrigazioni, le rese sono state sensibilmente inferiori, anche del 30% rispetto a un anno fa.
Risultato? Nelle aree vocate della Pianura padana, dove i produttori hanno effettuato 5-6 interventi di soccorso, le produzioni si sono attestate mediamente sulle 12 t/ha di granella, mentre nelle zone a minor disponibilità di acqua, con campi irrigati poco, le rese non sono andate oltre le 7-8 t/ha.
Ma l’eccezionale stagione caratterizzata da scarsissime precipitazioni non ha solo inficiato le rese produttive. Va rilevato che, rispetto lo scorso anno, i produttori delle aree vocate sono intervenuti mediamente con 3 interventi irrigui di soccorso in più, passando dalle canoniche 2-3 irrigazioni a, come detto, 5-6.
In soldoni, ciò ha portato a un incremento dei costi produttivi valutabile attorno al 13% rispetto al 2016, quando per produrre un ettaro di mais erano sufficienti circa 2.200 euro, mentre quest’anno si è arrivati a 2.485 euro. La sola voce “irrigazioni” equivale, infatti, al 34% del costo totale di produzione del cereale e questo anche in un contesto in cui i carburanti agricoli non sono aumentati.
Soddisfazione, seppur moderata, invece, sul piano dei prezzi. Guardando alle medie dei listini di settembre, confrontate con quelle dello stesso periodo 2016, si evidenzia un aumento generalizzato dei prezzi, passando dal +3,7% della Piazza di Milano, al +6,5% di quella di Bologna. Certo, non grandi cose, ma almeno una controtendenza che riporta i listini sui valori 2015.
FAR QUADRARE I CONTI
Guardando al mais competitor, ovvero quello di origine non comunitaria, spesso ogm, invece si registrano sulle stesse Borse merci, rispetto allo scorso anno, cali di prezzo dell’ordine del 2-3%, quindi in controtendenza rispetto al prodotto nazionale, anche se il cereale di provenienza extra Ue continua a costare mediamente ancora 20 €/t in più rispetto al prodotto nostrano. Vedremo con il proseguo della campagna di commercializzazione.
A questo punto è basilare capire, con le rese produttive di quest’anno e con i prezzi di inizio di campagna di commercializzazione, cosa rimane in tasca al produttore. Prendendo in considerazione il prezzo medio di Bologna, pari a 179 €/t e il costo di produzione di 2.485 euro, si scopre che per pareggiare i costi in area vocata come quella della Pianura Padana, nella quale i cerealicoltori hanno potuto contare su una certa disponibilità idrica, la produzione minima sarebbe di quasi 14 t/ha (13,9 per la precisione). Una resa non da poco, che fa concludere che solo con performance produttive ben superiori alla media i maiscoltori possono sperare di pareggiare i costi.
L'articolo completo con l'indicazione di alcune interessanti varietà di mais disponibili sul mercato (e le testimonianze delle case sementiere) su AgriCommercio e garden center n. 7 - 2017.