Grano duro da rilanciare

mercato grano duro
Trasparenza, certificazioni, mercato e varietà sono i temi su cui ci dobbiamo confrontare

Il mercato internazionale del grano duro è caratterizzato dalla presenza di un numero limitato di attori con un ruolo significativo, l’Europa con Italia in primis e la Francia , il Canada con il Nord America e il Kazakhistan sul lato degli esportatori, il Nord Africa sul lato degli importatori.

Un altro aspetto conseguente e rilevante che differenzia il mercato del duro è la concentrazione. Il Canada infatti rappresenta il 64% degli scambi mondiali di duro, un dato che se sommato a quelli di USA e Messico porta l’incidenza del Nord America al 71%; il Mar Nero occupa il 12 % mentre l’Europa partecipa poco ai movimenti internazionali perché il 75% degli scampi avviene all’interno della Comunità.

Tanto per avere un termine di paragone sull’entità della concentrazione del duro si pensi che il maggiore esportatore di tenero, la Russia incide a livello internazionale per il 12%.

L’articolo è pubblicato su AgriCommercio & Garden Center n. 1/2020

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Scambi comunitarei e internazionali

Nell’ambito degli scambi intra-comunitari, la Francia rappresenta il 43%, l’Europa Centrale il 29%, la Spagna il 7%, la Grecia il 6% e l’Italia l’1%.

Ma i rapporti si invertono se si considera il contributo dei singoli paesi dell’Unione al commercio internazionale. In un tale contesto la Francia interviene con il 40%, l’Italia con il 32%, la Spagna con il18%, la Grecia con il 3,4% e così via.

Anche la domanda si presenta molto concentrata. In questo caso il primato spetta all’EU con il 23% degli scambi internazionali nel cui ambito l’Italia costituisce l’85%, mentre al bacino del Mediterraneo spetta il 70%.

grano duro mercato internazionale

Mercato condizionato dalle politiche

Se poi si pensa, come spesso si conviene senza approfondire la conoscenza sulla struttura attuale del mercato, che le quotazioni poco remunerative per gli agricoltori europei del frumento duro siano da imputare ad un eccesso di liberismo, forse dovrebbe analizzare più attentamente la situazione internazionale.

Si accorgerebbe infatti, che esistono dei meccanismi di regolazione dei prezzi del duro adottati dai diversi paesi.

Ad esempio, i tentativi di garantire un adeguato approvvigionamento interno, assieme alla volontà di favorire le produzioni locali, spinge i governi, come ad esempio quelli di Algeria, Turchia e Messico a garantire un prezzo minimo ai produttori locali.

O, sempre per favorire la produzione locale, vi sono misure di sostegno all’industria interna con la riduzione delle tasse per i trasformatori come avviene ad esempio in Turchia.

Oppure ancora, aiuti diretti alla produzione adottati da diversi paesi.

La stessa Italia ha adottato regolamenti per contenere le importazioni e stimolare la produzione interna del duro attraverso l’obbligo di indicare in etichetta il luogo di origine della materia prima.

Tutte misure che certamente interferiscono con la libera circolazione delle merci e degli scambi con efficacia non sempre dimostrata dai dati disponibili. Non sembra ad esempio che dai dati ufficiali italiani le misure di cui sopra abbiano indotto un incremento delle semine e il conseguente rallentamento dell’import.

Quali le misure di sostegno interne all’UE

Pertanto il mercato del grano duro sebbene con l’evoluzione delle politiche comunitarie si sia maggiormente aperto, rimane fortemente vincolato alle politiche specifiche adottate dai diversi governi dalle quali dipende entro certi limiti, la formazione del prezzo del prodotto.

D’altra parte gli aiuti del governo al grano duro italiano, hanno avuto fino ad ora un impatto limitato. L’aiuto accoppiato di 100 euro/ha è stato sfruttato solo da un numero contenuto di aziende, poco più del 3%.

Come pure le politiche pubbliche e dei trasformatori di spingere la realizzazione dei contratti di compravendita nel contesto di un accordo di filiera ha avuto un successo contenuto se è vero che nella campagna 20119/20, “solo” il 25% del duro commercializzato rientra nella fattispecie di cui sopra.

Sono queste le ragioni che spingono le filiere di Francia e Italia di adottare iniziative comuni per dare maggiore valore ad una coltura importante come il duro. Se per la Francia, infatti, è importante l’esportazione della materia prima, l’Italia ha un grandissimo interesse a valorizzare i prodotti trasformati che prendono la via dell’estero nella misura del 55%.

Per questo motivo rimane vivo l’interesse delle filiere di Italia e Francia di valorizzare questo prodotto tipico dei territori che si affacciano sul Mediterraneo. Interesse che si sta sviluppando attraverso un confronto aperto e diretto tra le filiere dei due paesi, confronto che dopo l’incontro di Bologna di ottobre 2019 è proseguito in concomitanza con il convegno organizzato da Arvalis sul duro il 4 febbraio ad Aix en Provence.

I punti di convergenza che si esplicheranno in precise misure comuni consistono nell’estendere l’esperienza italiana dell’aiuto accoppiato su valori superiori agli attuali 100 euro per ettaro che si inquadra nell’ambito di un plafond complessivo eccessivamente limitato.

Nell’adozione di un sistema assicurativo per la riduzione del rischio climatico e del rischio legato alle fluttuazioni emotive del mercato internazionale. Nel continuare a ricercare la valorizzazione del prodotto finito attraverso la creazione di valore realizzando specifici accordi di filiera per arrivare ad ottenere dei prodotti richiesti dal consumatori che si esplicano nella segmentazione dell’offerta che non potrà più limitarsi a ricercare prodotti tradizionali ma anche indirizzarsi alla diversificazione verso prodotti in sintonia con i più recenti stili di vita, come ad esempio essere consumati in maniera rapida ma pur sempre garantendo un’elevata qualità

Trasparenza, certificazioni di qualità ed ambientali, conoscenza del mercato e ricerca varietale gli strumenti su cui agire.

 

Grano duro da rilanciare - Ultima modifica: 2020-02-14T16:00:57+01:00 da K4

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