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La pandemia ha fatto molto bene al giardinaggio: ce lo ha confermato l’Agro & Garden Retail – Focus Garden, evento in presenza e in streaming organizzato da “AgriCommercio & Garden retail” (Edagricole – Gruppo Tecniche Nuove), che si è tenuto, ieri 24 febbraio nell’ambito del Myplant & Garden a Rho-FieraMilano. Lo hanno confermato tutti: sociologi, statistici, esperti di marketing e, soprattutto, i rivenditori, sia gardenisti sia agrari con reparto hobbistica. L'evento, moderato da Alessandro Maresca, è stato sponsorizzato da Vebi.
Domanda e offerta si incontrano
A partire dal sociologo dell’Università di Bologna Stefano Spillare, che ha posto l’accento sul fatto che il verde ci ha salvato dalla tristezza del lockdown in casa, ma è diventato anche un patrimonio pubblico, perché gli spazi comuni non sono più solo un ambito di socialità, ma anche una proposta alimentare (gli orti comunali) e curativa (la garden terapy).
Si è aggiunta poi Evita Gandino di Nomisma, presentando una duplice indagine di mercato, sui green lovers e sui gardenisti. Felicemente, dalle ricerche è emerso che domanda e offerta coincidono: piante, terricci, concimi e piccole attrezzature sono gli articoli più richiesti e più proposti, mentre fra i servizi la consegna a domicilio svetta fra tutti gli altri, insieme ai corsi per adulti e bambini e a un Esperto risponde.
Fra gli incubi dei rivenditori c’è invece l’invenduto agrofarmaceutico: come ha spiegato Alice Parasecolo di Agrofarma, da gennaio è in vigore l’ennesima, ma ultima, proroga alla vendita fino al 31-12 22, dopodiché il problema si ripropone, ed è evidente che il negoziante dovrà attuare strategie per smerciarli prima di tale data.
Al tempo stesso il negoziante deve anche puntare sui trend del momento, che non saranno passeggeri: green e sostenibilità, richiesti dai Millennials, i nuovi clienti dei punti vendita, sono i temi di punta, come ha spiegato Maria Chiara Bolognini, esperta di marketing. Suggerisce di ampliare l’offerta in questa direzione, con l’inserimento in gamma di prodotti naturali, erboristici, e detersivi senza imballaggio; e poi di puntare su attività territoriali, anche extragarden, e sulla vendita di prodotti alimentari locali.
Problemi col digitale
In realtà, i gardenisti sono ancora provati da una pandemia che ha cambiato le abitudini, prime fra tutte l’impiego massiccio di telefono, mail e Whatsapp, a cui non erano abituati, come ha illustrato Stefano Donetti della floricoltura omonima. Ma è sicuro che tutti i suoi colleghi gardenisti si daranno da fare per mantenere i 19 milioni di appassionati post-pandemia (erano 16 nel 2019).
Dal pacchetto tecnologico latitano ancora le vendite online, come confermato anche dall’indagine Nomisma: Dario Bavicchi, dell’omonima azienda con rivendita agraria da 126 anni ha espresso un’idea interessante. Trasferire l’emozionalità e la personalizzazione della presenza anche sul digitale, mediante video, blog, influencer e, naturalmente, Facebook e Instagram.
Applicazioni ancora molto lontane dal mondo verde, e ancor di più dalle rivendite agrarie, che però si devono impegnare, come stanno facendo i consorzi, secondo le parole di Michele Falagiani, che è responsabile del settore Garden del Cai.
In sostanza il garden retail sta bene ed è apprezzato dai consumatori (66% secondo Nomisma) ma, con il rinnovo generazionale in atto, deve rapidamente mettersi al passo digitale dei Millennials.
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