Sono passati oltre 25 anni dal commissariamento della Federconsorzi voluta dell’allora ministro dell’agricoltura Giovanni Goria, commissariamento che mise immediatamente in allarme il mondo bancario, in quel momento pesantemente esposto, che ritirò tutti i fidi ai Consorzi agrari. E il mondo consortile fu colto da un grande scossone: molti consorzi agrari si trovarono senza più sostegno finanziario, ed entrarono in liquidazione.
Con la legge 410 del 1999 la Federconsorzi avrebbe dovuto essere sciolta definitivamente ma il decreto milleproroghe del 2010 aveva poi cancellato questo obbligo e, di fatto, sia pure “congelata”, questa esiste ancora.
Intanto, nel 2009, un gruppo consistente di consorzi tornati in bonis più quelli (pochi a dire la verità) non travolti dalle procedure concorsuali, sotto la guida di Coldiretti aveva dato vita a una nuova organizzazione centrale (Cai-Consorzi Agrari d’Italia), forse anche per cercare di accedere al tesoretto di Federconsorzi, che si aggira sugli 800 milionio di euro.
«Ricordo ancora quel fatidico venerdì 17 maggio del 1991; allora avevo 23 anni. Alle 5 del pomeriggio ci venne comunicata la chiusura della Federconsorzi, che segnò la scomparsa di diverse strutture consortili, ma anche il rafforzamento di quelle che avevano già iniziato a muovere i primi passi autonomamente. Mi chiamarono in banca il lunedì successivo dicendo che tutti i conti erano chiusi. Vi lascio immaginare tutto il resto…». Chi parla è Daniele Graziani, agente del Consorzio agrario dell’Emilia (Cae)(nella foto), che 30 anni fa ha iniziato il suo cammino come agente per l’allora Consorzio Agrario di Bologna nell’agenzia di Pieve di Cento.
«Che cambiamenti in tutti questi anni! – continua Graziani -. Quando è crollata Federconsorzi avevo un Comune e un’agenzia, i clienti venivano in ufficio a contrattare i prodotti e il più delle volte pagavano per assicurarsi i prodotti al miglior prezzo. Allora disponevo di due dipendenti e di due camion. Oggi sono un agente senza deposito, ho un ufficio, sei comuni di competenza, un pacchetto di oltre 300 clienti, un fatturato globale che sfiora i 3 milioni di euro e per vendere parto la mattina e rientro la sera. Vivo a contatto con la clientela, in campagna come consulente tecnico commerciale, ma mi sento ancora un agente vecchio stampo, a cui basta una stretta di mano».
Un’evoluzione continua
I Consorzi Agrari sono da sempre cooperative al servizio degli agricoltori, in continuo cambiamento in funzione dell’evoluzione agricola, dell’innovazione meccanica e delle nuove tecniche colturali, tutti fattori che obbligano le strutture a rimanere aggiornate nel tempo. Gli agricoltori soci sono la parte viva dell’azienda e le associazioni di categoria le rappresentanze all’interno del cda del Consorzio. L’unica funzione persa nel tempo è quella mutualistica, malgrado fosse proprio il motore della nascita della coperazione, lasciando spazio ad aziende sempre più vocate a una forte competitività commerciale.
Lo dimostra la necessità di creare strutture con sempre maggiore massa critica grazie a fusioni fra consorzi di province attigue (vedi la tabella con l’elenco aggiornato). Dopo la caduta della Federconsorzi la prima mossa è stata la creazione del Caip, Consorzio agrario interprovinciale, di Bologna e Modena nel 1998
«Ho vissuto tutti i passaggi della mia Cooperativa che ora abbraccia quattro provincie: Bologna, Modena, Ferrara e Reggio Emilia (il Cae) – afferma Graziani che, oltre a essere presidente della Commissione agenti del Cae, dal 2009 è anche vice presidente nazionale di Ansacap, l’associazione nazionale che tutela gli agenti dei Consorzi agrari -. Oggi il Cae ha un fatturato annuo di 268,432 milioni di euro che arrivano a 475,464 milioni di euro con le società controllate (Eurocap Petroli, Emilcap, Sis, Quality Seed, Pegaso). Il fatturo è ripartito in (milioni): concimi 27,002, sementi 38,912, antiparassitari 39,568, meccanizzazione 34,620, cereali 71,141, mangimi 24,986, garden 6,281, irrigazione e plastiche 5,762, Fata/Cattolica 3,358».
Strutture sempre più grandi
E per il futuro? Per Graziani potrebbe proseguire la tendenza di creare grossi Consorzi Agrari regionali o interregionali, sulla scia di quelli già esistenti.
I Consorzi Agrari hanno una presenza continuativa sul territorio, grazie alla propria organizzazione operativa, quotidianamente a contatto con gli agricoltori: gli agenti, con o senza deposito, i quali distribuiscono nelle campagne non solo prodotti utili per l’agricoltura, ma anche servizi, cultura e idee, ponendosi come vero e proprio punto di riferimento per tutti gli operatori agricoli.
Gli agenti sono collaboratori autonomi che, con le proprie piccole aziende, molto spesso esistenti da varie generazioni, portano la bandiera del consorzio agrario nella zona loro assegnata, formata solitamente dal territorio di uno o più comuni. E spesso hanno pagato in proprio la rovina del consorzio agrario, rispondendo di errori gestionali di altri. Questi “piccoli imprenditori” si riconoscono nell’Ansacap, associazione sindacale che li assiste dal 1965, il cui presidente è da alcuni anni Pierluigi Cavallari, agente di Belvedere Ostrense in provincia di Ancona. L’attività dell’Ansacap a tutela della categoria rappresentata trova il suo fondamento nella realizzazione di accordi collettivi con i Consorzi agrari e si realizza nello studio e nella denuncia delle irregolarità contrattuali spesso poste in essere dalle varie gestioni consortili, ma si estende nello studio di tutte le problematiche della categoria, fino alla sua tutela davanti all’agenzia delle entrate, partecipando alla commissione degli esperti per la realizzazione degli studi di settore. Sul piano sindacale il principale interlocutore di Ansacap è Assocap, l’Associazione nazionale dei Consorzi agrari in Italia, nella quale si riconoscono tutti i Consorzi agrari, presieduta da Gabriele Cristofori. Questi, per naturale avvicendamento, verrà probabilmente sostituito da Mauro Tonello, attuale presidente dal Cae.
GLI ATTI PIÙ RECENTI DEL MONDO CONSORTILE
- Quaranta milioni per ristrutturare i debiti contratti dai consorzi agrari nei confronti delle banche. Un emendamento (poi ritirato) inserito a fine maggio nella mini-manovra avrebbe istituito un Fondo presso Ismea, l’istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare, con una dotazione immediata di 40 milioni, ma con la previsione di innalzarla a 150 milioni. Con questi soldi, pubblici, i consorzi agrari in amministrazione ordinaria avrebbero potuto ripagare i debiti contratti con gli istituti di credito. L’ipotesi, sostenuta da Coldiretti, ha visto Confagricoltura e Cia assolutamente contrarie.
- Sono stati presentati emendamenti soppressivi del comma 3 dell’art. 2 del dl Mezzogiorno, decreto che avrebbe introdotto una modifica alla disciplina ordinamentale dei Consorzi agrari, facendoli partecipare a società di capital i ed estendendo a queste le agevolazioni derivanti dall’assimilazione alle società cooperative.
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Buon giorno
sono un socio Cae, piacerebbe chiedere al signor Graziani dopo le ultime fusioni con Ferrara cosa ce ne facciamo di Pegaso visto che il mandato NewHolland è stato tolto. Abbiamo acquisito altre società già dentro al baratro ma per aiutare qualcuno molto vicino a Coldiretti si è dovuto fare. Tutto questo va a discapito di noi vecchi soci.
Risponde Daniele Graziani:
Non dipende da me il futuro di Pegaso fatto inizialmente da un marchio, New Holland, ma soprattutto di persone.
Posso solo dire che l’azienda in questione lavorava da anni parallelamente al Consorzio Agrario di Ferrara riuscendo a sopperire in parte le mancanze dello stesso, anche se il prodotto di punta era dato dalla meccanizzazione.
Se il Signor Mirri Andrea ha avuto modo di partecipare alle assemblee del Consorzio Agrario dell’Emilia in fase di accorpamento, avrà sicuramente avuto modo di fare la stessa domanda sia all’allora Presidente Cristofori o anche all’attuale Direttore Generale Ivan Cremoni i quali avranno risposto sicuramente, come peraltro c’è stato detto a noi agenti, che due marchi in un unico consorzio non potevano coesistere e che uno dei due sarebbe stato rimesso all’azienda mandante.
La scelta quindi è stata tra due marchi, John Deere su tre provincie e New Holland su una sola, così come è stato a suo tempo per Reggio Emilia con Same, il passaggio è stato obbligato.
Detto questo, Pegaso è fatto di persone e famiglie ed il Consorzio Agrario dell’Emilia sta lentamente muovendosi verso l’assorbimento dei dipendenti all’interno della struttura nell’ottimizzazione del personale.
Finisco aggiungendo che, ho vissuto in prima persona il passaggio da New Holland a John Deere nel passaggio da Bologna, dove ho iniziato, a Bologna e Modena, passando dal marchio Fiat a John Deere e non per questo sono state licenziate persone.
Il seguito sarà gestito dal rivenditore, cioè, se non ci sarà più Pegaso a coprire il territorio per alcuni marchi, ci potrà essere il Consorzio Agrario di Ravenna o altro ente o altro privato, che gestirà al meglio la struttura nella vendita dei mezzi agricoli, ricambi e accessori.
In una struttura come la nostra, oggi, dove ognuno ha le proprie mansioni, tempo e soldi per gli sperperi non ci sono più, occorre sistemare l’azienda nel modo migliore e far si che ognuno porti fieno in cascina, non toglierlo.
Daniele Graziani