Siamo bravi in Italia a moltiplicare le sementi, in virtù della presenza di ottime professionalità e buone condizioni pedoclimatiche. Anzi bravissimi, visto che in certi settori come bietola da zucchero e ortive siamo leader a livello europeo, se non mondiale. Ma poi, se andiamo a vedere il bilancio tra l’importazione e l’esportazione di prodotti sementieri, il nostro paese è costantemente e fortemente in passivo.
Le nostre aziende sementiere sono abili commercialmente e ad acquisire in giro per il mondo contratti di moltiplicazione, da passare agli agricoltori in Italia. Però la richiesta di sementi di elevata qualità genetica e tecnologica da parte della nostra produzione agricola è tale che il valore delle sementi importate soverchia sempre quello delle sementi esportate.
Emblematico è addirittura il caso di determinate sementi ortive e della barbabietola da zucchero, che moltiplicate in Italia, vengono poi inviate ai committenti o alle case madri all’estero, per completare il ciclo di selezione meccanica e di trattamento tecnologico, ovvero anche solo per ragioni di proprietà intellettuale, e che rientrano per essere vendute agli agricoltori.
Analizzando con un certo discernimento i dati elaborati e diffusi periodicamente dall’Istat circa gli interscambi del nostro paese, si ha la conferma di una situazione deficitaria nota da tempo. Nella tabella sono sintetizzati i dati delle ultime due campagne, e poi con un intervallo di cinque anni, per consentire di comprendere meglio la situazione nel suo complesso ed afferrare le dinamiche di sviluppo negli ultimi vent’anni.
Le patate da semina, le ortive, il mais ibrido, le foraggere graminacee e la bietola da zucchero da sempre rappresentano le voci più pesanti delle importazioni italiane di sementi.
Le esportazioni invece contano soprattutto ancora sulle ortive, poi sulle foraggere leguminose, sulla bietola da zucchero, sul riso.
Nel 2018 si è registrata una lieve contrazione complessiva rispetto al 2017, sia nelle importazioni che nelle esportazioni, in un quadro comunque abbastanza stabile, fatta eccezione per i cali più vistosi registrati dalle esportazioni di mais ibrido, di erba medica e di bietola da zucchero
Al di là di una grossolana stima, difficile poi esprimere un commento su frumento duro e tenero, due voci che dovrebbero costituire elementi importanti dei nostri interscambi, causa l’inattendibilità dei dati diffusi da Istat (...).
Le dinamiche in atto
Allargando l’analisi agli ultimi vent’anni e lasciando a parte quelle da orto (...), si può osservare per le sementi di mais ibrido che se le importazioni si erano quasi dimezzate tra il 2000 e il 2015, mentre nel contempo aumentavano le esportazioni (di sementi prodotte in Italia, come attestato dai dati di certificazione del Crea-Dc), il trend sembra ora essersi esaurito: riprendono ad aumentare le importazioni e calano le esportazioni. La bietola da zucchero, per le note ragioni, ha visto crollare il valore delle sementi importate, ma la moltiplicazione in Italia sta andando a mille e nel 2017 il valore delle esportazioni ha toccato i 50 milioni di euro. Sull’erba medica ci siano già soffermati nel numero precedente, ma comunque resta la voce più importante tra le foraggere; continua a tenere su ottimi valori la moltiplicazione ed esportazione di sementi di girasole, quasi trascurabile nei primi anni 2000.
Nel rapporto sulla competitività dei settori produttivi annualmente aggiornato, Istat ha di recente sottolineato che le aziende italiane tendono a partecipare alle catene globali del valore nelle vesti di imprese subfornitrici di beni intermedi, collocandosi così negli stadi produttivi a minore valore aggiunto. Con le debite eccezioni, si ha l’impressione che tale giudizio possa valere anche per il settore sementiero.
Leggi l’articolo completo su AgriCommercio & Garden Center n. 6/2019
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