Dall’Ue troppa fretta nel taglio delle sostanze attive: agricoltura a rischio

Raffaele Drei, presidente di Fedagripesca Confcooperative
Raffaele Drei (Fedagripesca): «Serve una moratoria di cinque anni e un piano strutturale per la ricerca, o perderemo produzioni strategiche»

Una grave incertezza incombe sul futuro della produzione ortofrutticola nazionale: la riduzione del numero di principi attivi utilizzabili per la difesa delle colture sta avvenendo senza che vengano messe a disposizione dei produttori valide alternative. Lo denuncia Raffaele Drei, presidente di Fedagripesca Confcooperative, che rappresenta oltre 450 cooperative ortofrutticole, con 45.000 soci e un fatturato di 7,7 miliardi di euro.

«La Commissione europea – spiega Drei a margine dell’inaugurazione della fiera internazionale Macfrut, in corso fino a giovedì 8 maggio 2025 a Rimini – ha ridotto progressivamente negli ultimi anni il numero dei principi attivi autorizzati: un percorso orientato ad innalzare i livelli qualitativi e di sicurezza alimentare che non si può non condividere. A condizione, però, che ciò non provochi come conseguenza la perdita di buona parte della produzione nazionale, a tutto vantaggio di competitor che non rispettano gli stessi standard qualitativi».

I numeri

I numeri, purtroppo, confermano una tendenza negativa. «Nonostante la sua forte vocazione produttiva – prosegue Drei – il nostro Paese ha progressivamente perso la leadership in alcune colture strategiche. Basti pensare che dal 2014 ad oggi sono andate perdute oltre il 45% delle superfici coltivate a pere in Emilia-Romagna, e gli ettari di pesche e nettarine si sono dimezzati nell’ultimo decennio».

Per ogni principio attivo eliminato, in mancanza di alternative efficaci, si rischia di compromettere intere filiere produttive. È per questo che, spiega ancora Drei, «come Confcooperative abbiamo richiesto in questi mesi una moratoria quinquennale sui principi attivi oggi in uso. Ma se con il Ministero dell’Agricoltura stiamo registrando una totale condivisione sulla questione, sentiamo ora l’urgenza di appellarci a un più ampio coinvolgimento di altre istituzioni, a partire da quelle che hanno competenza in materia, sia a livello nazionale che comunitario».

Valutare, prima di tagliare

«Il nostro auspicio – continua il presidente – è che tutte le istituzioni coinvolte assumano l’impegno di analizzare le problematiche connesse alla revoca delle autorizzazioni dei principi attraverso una valutazione d’impatto complessiva, più ampia rispetto alla mera analisi della molecola». Secondo Drei, infatti, spesso non si tiene sufficientemente conto di altri aspetti e ricadute. «Gli attuali mezzi di distribuzione e le macchine agricole – osserva – sono tecnologicamente molto più avanzati rispetto a vent’anni fa, con una conseguente riduzione significativa dei rischi ambientali e per la salute umana».

C’è poi il tema cruciale della ricerca. «Se vogliamo trovare molecole meno pericolose – argomenta Drei – è fondamentale che la ricerca abbia tempi più rapidi e percorsi burocratici più snelli. A tal proposito, ci aspettiamo misure concrete già nell’ambito del cosiddetto “Pacchetto per la semplificazione” presentato dal Commissario Hansen».

Oggi le aziende produttrici di principi attivi riescono, in Paesi come il Brasile, ad ottenere l’autorizzazione alla produzione nel giro di soli due anni. In Europa, invece, il processo autorizzativo dura mediamente dieci anni, con il rischio che nel frattempo le normative possano essere modificate. «Ecco perché – conclude Drei – è fondamentale che si dia adeguato sostegno e impulso anche alla ricerca privata».

Dall’Ue troppa fretta nel taglio delle sostanze attive: agricoltura a rischio - Ultima modifica: 2025-05-07T10:01:41+02:00 da Marco Pederzoli

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