Si chiamano “Candidate alla sostituzione”. Sostanze attive che secondo Bruxelles soddisfano gli attuali criteri europei di sicurezza per la salute e l’ambiente ma che, per alcune caratteristiche, non sono completamente compatibili con le strategie comunitarie di protezione a lungo termine. Il Reg.Ue 408/2015 ne ha formulato la prima lista: 77 ingredienti base di molti agrofarmaci di comune utilizzo, compresi gli insospettabili Sali di rame (vedi tab.). Una formula molto incisiva, quella di “Candidati alla sostituzione”: sembra una condanna definitiva e invece molti di questi prodotti potrebbero rimanere di uso comune ancora per tanti anni. È stato il Reg. 1107/2009 sull’immissione in commercio degli agrofarmaci a prevedere questa definizione (si veda riquadro). Il meccanismo di sostituzione prevede una durata di approvazione più ridotta (da 10 anni a 7) e la necessità di verificare, prima di concedere o rinnovare le autorizzazioni di agrofarmaci contenenti candidati alla sostituzione, se per ogni settore di impiego esistano alternative più “verdi”.
Esame comparativo
La “spada di Damocle” dell’esame comparativo partirà però solo dal prossimo agosto. In più, proprio a causa dell’inasprimento dei criteri di registrazione, il costo per il lancio di nuovi prodotti fitosanitari si è decisamente innalzato e il tasso di rinnovamento dei prodotti fitosanitari utilizzati in agricoltura ha subito negli ultimi anni un deciso rallentamento. Una rarefazione che ha colpito in particolare il settore degli erbicidi. L’esasperazione nella protezione della salute e dell’ambiente innesca così un meccanismo a spirale, una sorta di “cane che si morde la coda” che non può non avere conseguenze sull’agricoltura e sul settore della difesa delle piante. Il rischio maggiore è che la nuova definizione di “candidati alla sostituzione” possa alimentare nuove campagne ambientaliste, innescando la formulazione di nuovi disciplinari di protezione (sulla falsa riga di quelli chelimitano il numero dei residui ammessi invece delle quantità) per impedire l’utilizzo di sostanze che sono sì “candidate”, ma che rimarranno molto presumibilmente insostituibili a lungo. Per questo, contro la decisione comunitaria, si è levata la voce di molte associazioni di produttori in Spagna, Francia, Germania e Austria.
L’Asociaciòn valenciane de agricultores (Ava/Asaja) ha fatto ad esempio presente che la politica fitosanitaria europea ha già portato negli ultimi anni ad un taglio del 72% nell’elenco delle 970 sostanze attive registrate in Europa. L’associazione spagnola è impegnata assieme ad altre nell’elaborazione di uno studio per dimostrare l’impatto di queste decisioni non solo sull’aumento dei costi di produzione agricoli, ma anche sull’economia delle comunità rurali anche in relazione al deciso incremento dei fenomeni di resistenza dei patogeni agli agrofarmaci “sopravvissuti”.