Il commercio di agrofarmaci finanzia il settore biologico

commercio di agrofarmaci
La Legge 23/2022 sullo sviluppo della produzione agroalimentare secondo il metodo biologico ha suscitato controversie e discussioni di diversa natura riguardando pure il settore del commercio dei fitosanitari

Le molte preoccupazioni e domande che sono state sollevate a seguito dei commenti inseriti in alcuni articoli comparsi sulla stampa generalista che hanno riguardato, nello specifico, quanto riportato all’art. 9 della legge 23/2022, ci impongono un ulteriore, ennesimo, intervento sulla c.d. contributo annuale per la sicurezza alimentare.

Con la legge sopra citata è stato istituito un fondo per la promozione della produzione agricola e agroalimentare con il metodo biologico che dovrebbe essere finanziato attraverso una tassa del 2% sulla vendita di prodotti fitosanitari e fertilizzanti di sintesi.

Le considerazioni di tali articoli rispetto a quanto indicato dal comma 5 dell’art. 9 della legge 23/2022 presupponevano che il pagamento della tassa fosse a carico, a cascata, di tutti i soggetti della filiera: “Il comma 1 dell’articolo 59 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, è sostituito dal seguente: “Al fine di promuovere lo sviluppo di una produzione biologica ed ecocompatibile e di perseguire l’obiettivo prioritario di riduzione dei rischi per la salute degli uomini e degli animali e per l’ambiente, è istituito un contributo annuale per la sicurezza alimentare, nella misura del 2 per cento del fatturato realizzato nell’anno precedente relativamente alla vendita di prodotti fitosanitari autorizzati ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 aprile 2001, n. 290, e degli articoli 5, 8 e 10 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194, dei fertilizzanti da sintesi, da individuare con i decreti di cui al presente comma, e dei prodotti fitosanitari e coadiuvanti di prodotti fitosanitari di cui all’articolo 1 del citato regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 aprile 2001, n. 290, ed etichettati con le sigle: R62, R60, R50, R49, R45, R40, R33, R28, R27, R26, R25, R24, R23, H400, H410, H411, H412 e H413. Con decreti dei Ministri della salute e delle politiche agricole alimentari e forestali, da emanare entro il 31 dicembre di ciascun anno, è determinato e aggiornato l’elenco dei prodotti di cui al presente comma”.

Legge di riferimento

Il riferimento era “la legge finanziaria del 2000” numero 488 del 1999 che già allora come oggi aveva causato polemiche e preoccupazioni circa le modalità di applicazione e circa i soggetti obbligati al pagamento.

L’art. 59 della Legge 488/1999, infatti, recitava: “Al fine di promuovere lo sviluppo di una produzione agricola di qualità ed eco-compatibile all’interno di un sistema di regole in materia di salvaguardia del territorio rurale … a partire dal 1° gennaio 2000, i titolari delle autorizzazioni all’immissione in commercio e degli esercizi di vendita di prodotti fitosanitari etichettati con le sigle R33, R40, R45, R49 e R60 … sono tenuti al versamento di un contributo per la sicurezza alimentare nella misura dello 0,5% del fatturato annuo relativo, rispettivamente, alla produzione e alla vendita dei suddetti prodotti”.

Effettivamente la legge di partenza aveva individuato anche negli esercizi di vendita e quindi nell’intera catena fino alla produzione primaria, esclusa, i soggetti obbligati. Ma una tale impostazione avrebbe generato il moltiplicarsi della tassa, comportando anche un diverso trattamento tra gli utenti finali, a discapito delle aziende che si fossero trovate in fondo ad una filiera più lunga.

Successiva modifica

Reso consapevole dalle osservazioni dei portatori di interesse, il legislatore è nuovamente intervenuto con una modifica operata dalla legge “finanziaria” dell’anno successivo, ossia dalla legge 388 del 23 dicembre 2000 che all’art. 123 commi 1 e 1 bis così recita: “1. All’articolo 59 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 1 è sostituito dai seguenti: “1. Al fine di promuovere lo sviluppo di una produzione agricola di qualità ed eco-compatibile e di perseguire l’obiettivo prioritario di riduzione dei rischi per la salute degli uomini e degli animali e per l’ambiente, a decorrere dal 1° gennaio 2001 è istituito un contributo annuale per la sicurezza alimentare nella misura del 2 per cento del fatturato dell’anno precedente relativo alla vendita di prodotti fitosanitari, autorizzati ai sensi degli articoli 5, 8 e 10 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194, dei fertilizzanti da sintesi, da individuare con i decreti di cui al presente comma, e dei presidi sanitari di cui all’articolo 1 del regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 3 agosto 1968, n. 1255, ed etichettati con le sigle: R62, R60, R50, R49, R45, R40, R33, R28, R27, R26, R25, R24, R23. Con decreti dei Ministri della sanità e delle politiche agricole e forestali, da emanare entro il 31 dicembre di ciascun anno, è determinato ed aggiornato l’elenco dei prodotti di cui al presente comma.

1-bis. Sono tenuti al versamento del contributo di cui al comma 1 i titolari delle autorizzazioni all’immissione in commercio dei prodotti di cui al medesimo comma 1, in base al relativo fatturato di vendita”.

Ulteriore chiarimento

Quindi la legge finanziaria 2001 ha modificato la legge finanziaria 2000 individuando nei soli titolari di autorizzazione i soggetti obbligati al versamento di quella che andava sotto il nome di eco-tassa.

Successivamente con la circolare n. 1 del 6 febbraio 2001, il Ministero delle politiche Agricole, Alimentari e Forestali forniva un ulteriore chiarimento: “…La questione dei contributi per la sicurezza alimentare è stata affrontata, in un primo momento, dalla legge n. 488/99 laddove si prevedeva all’art. 59, comma 1 che “i titolari delle autorizzazioni all’immissione in commercio e degli esercizi di vendita di prodotti fitosanitari etichettati con le sigle “R33, R40, R45, R49, R60” fossero tenuti al versamento di un contributo nella misura dello 0,5% del fatturato annuo a decorrere dal 1° gennaio 2000 relativo rispettivamente alla produzione ed alla vendita dei suddetti prodotti.

Lo stesso art. 59 prevedeva, inoltre, che “in caso di importazione diretta dei prodotti da parte dell’utilizzatore finale, il contributo fosse dovuto, da questo ultimo, nella misura dell’1% del prezzo d’acquisto.

L’art. 123 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, riprende modificandola la questione in esame prevedendo al comma 1, capoverso 1, lettera a) la istituzione, a partire dal 1° gennaio 2001, di un contributo annuale per la sicurezza alimentare, nella misura del 2% del fatturato dell’anno precedente relativo alla vendita di prodotti fitosanitari autorizzati ai sensi degli articoli 5, 8 e 10 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194, e dei presidi sanitari di cui all’art. 1 del regolamento approvato con dpr3 agosto 1968, n. 1255, ed etichettati con le sigle “R62, R60, R50, R49, R45, R40, R33, R28, R27, R26, R25, R24, R23”. Dalle disposizioni delle due leggi finanziarie sopra richiamate e dall’esame comparato tra le stesse deriva che entrambe, in prima applicazione, riguardano l’esercizio finanziario 2000 ma che le disposizioni della legge n. 388 del 2000 (finanziaria 2001), all’art. 123, nella sostanza innovano i contenuti dell’articolo 59 della legge n. 488 del 1999 in tre punti:

  1. ampliano i prodotti soggetti a contributo (tra i quali vengono inclusi altri presidi sanitari, individuati con sigle/frasi di rischio ulteriori rispetto a quelle elencate nella precedente legge);
  2. pongono il versamento del contributo esclusivamente a carico dei titolari delle immissioni in commercio, mentre l’art. 59 della legge n. 488 del 1999 prevedeva che il contributo complessivo, fissato nella misura dell’1 per cento, oltre che dagli “utilizzatori finali” che avessero importato direttamente prodotti fitosanitari, dovesse essere versato per lo 0,5% dai titolari dell’autorizzazione all’immissione in commercio e per lo 0,5% dai “titolari degli esercizi di vendita”;
  3. elevano il contributo al 2 per cento del fatturato dell’anno precedente.

Incidendo le disposizioni delle due leggi, in prima applicazione, sullo stesso esercizio finanziario 2000, è evidente che si deve tenere conto, per lo ius superveniens, della legge più recente. Il contributo è pertanto dovuto, per i prodotti indicati nel comma 1, lettera a), capoverso 1, della legge n. 388 del 2000, nella misura del 2 per cento, dai titolari dell’autorizzazione all’immissione in commercio.


Chi paga il contributo per la sicurezza alimentare

Dobbiamo ribadire e sottolineare che i soggetti obbligati al pagamento del contributo annuale per la sicurezza alimentare rimangono

  • i soli titolari di autorizzazione all’immissione in commercio per quanto riguarda i prodotti fitosanitari,
  • mentre nel caso dei fertilizzanti sono obbligati i primi che immettono il prodotto sul mercato.

D’altra parte, questo appare chiaro dalla lettura dal decreto n. 334030 del 23 giugno 2023, che applica le disposizioni dell’art. 9 della legge 23/2022, e che all’art. 1 recita: Il contributo di cui all’art. 9, comma 5, della legge 9 marzo 2022, n. 23, è versato dai soggetti indicati nel comma 1-bis dell’art. 59 della legge 23 dicembre 1999, n. 488.

L’articolo per ultimo citato indica che sono tenuti al versamento del contributo annuale per la sicurezza alimentare i titolari delle autorizzazioni all’immissione in commercio dei prodotti, in base al relativo fatturato di vendita.


L'articolo è pubblicato su Agricommercio e Garden Retail n. 1/2024

Dall’edicola digitale al perché abbonarsi

Il commercio di agrofarmaci finanzia il settore biologico - Ultima modifica: 2024-02-06T12:06:05+01:00 da Barbara Gamberini

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome