Filiera cerealicola sotto l’attacco della burocrazia

La legge dichiara come obiettivo il monitoraggio delle produzioni, ma definisce delle modalità che nulla hanno a che fare con l’obiettivo stesso. Chiare accuse di Compag nei confronti del ministero delle Politiche agricole, colpevole di appesantire la filiera con onerose procedure di controllo sulla tracciabilità che poi non verifica né considera.

La nota burocrazia italiana e la tradizionale lentezza del sistema giudiziario del Bel Paese hanno sempre scoraggiato gli investimenti produttivi, ma vi è un aspetto (tanto evidente quanto ignorato) che funge da ostacolo ben maggiore: la mentalità anti aziendalista - diffusa in ambito politico e rafforzata dall’operato dei media - secondo la quale l’assistenzialismo sarebbe il mezzo più efficace per soddisfare i bisogni immediati delle persone. Manca, purtroppo, una visione indirizzata allo sviluppo.

Troppi vincoli burocratici

Si inseriscono in questo contesto, per esempio, i recenti dispositivi di legge sulla filiera dei cereali che limitano la libertà d’impresa, agganciandola a inutili vincoli burocratici il cui unico effetto è quello di privare qualunque iniziativa di sviluppo delle risorse necessarie alla sua attuazione.

Un esempio emblematico è rappresentato dalla legge di bilancio 178/2020: un emendamento riguardante il progetto “Granaio Italia” apparve dal nulla la vigilia di Natale, senza alcun precedente confronto con le parti interessate e senza alcuna possibilità di discussione, poiché la legge doveva essere approvata entro il 31 dicembre.

La legge che ne conseguì prevede che CHIUNQUE detenga 5 tonnellate di grani o farine di cereali (quantitativo corrispondente alla produzione di un ettaro di frumento o mezzo ettaro di mais) debba registrare settimanalmente ogni operazione di carico/scarico presso il Sian del Mipaaf allo scopo di monitorare le produzioni nazionali di cereali e farine. Ma, per assurdo, il monitoraggio delle produzioni nazionali non comporta la traccia di ogni singola partita e la sua registrazione presso il Ministero.

Monitoraggio inadeguato

La legge dichiara dunque come obiettivo il monitoraggio delle produzioni, ma definisce delle modalità che nulla hanno a che fare con l’obiettivo stesso. Peraltro le aziende hanno già un sistema di tracciabilità differente stabilito da un regolamento europeo per garantire la sicurezza alimentare attraverso il controllo delle Aziende Sanitarie.

E lo stesso Ministero, attraverso le Regioni, opera un proprio monitoraggio, così come l’Istat, mentre l’Agea dispone di dati sulle intenzioni di semine e sui raccolti a consuntivo di tutte le aziende che accedono agli aiuti Pac e la Commissione Europea pubblica settimanalmente i dati import/export con i Paesi terzi.

Coordinamento fra gli uffici

La federazione nazionale delle rivendite agrarie Compag, da sempre dalla parte del mondo agricolo nel tentativo di dipanare le contraddizioni burocratiche che ne impediscono lo sviluppo, ritiene ovviamente comprensibile la necessità di conoscere in maniera più precisa le produzioni nazionali e i loro bilanci.

Per far questo sarebbe però sufficiente un coordinamento e un’armonizzazione tra gli uffici che già eseguono la raccolta dei dati attraverso un confronto e un dialogo, non una legge incongrua e penalizzante. Viene dunque da pensare che risulti più facile, per un Parlamentare, scrivere qualche riga a corredo di un dispositivo di legge al momento opportuno - affinché non vi sia il tempo di modificarlo - anziché svolgere degli approfondimenti che eviterebbero ulteriori incombenze sul mondo produttivo.

L’inevitabile deduzione è che il Parlamento sia composto da individui totalmente ignari dell’organizzazione dello Stato, persone che operano esclusivamente sulla base dei propri pregiudizi, senza sforzarsi di conoscere lo stato dell’arte.

Un cammino difficile

Recentemente è stata presentata dal Ministero una bozza di decreto applicativo che di presentabile non ha nulla poiché risulta costituita da un insieme di parti (copiate e incollate) di decreti riguardanti altri settori, senza che sia stata effettuata un’analisi delle differenze che caratterizzano i diversi mercati.

La discussione è tuttora in corso. Il problema è che un decreto non può modificare la legge, pertanto dovrà essere eseguita una ricerca approfondita sull’impostazione dello stesso decreto al fine di individuare il modo di eliminare legalmente i vincoli imposti da una legge scritta senza alcuna previa conoscenza del settore a cui si rivolge.

Se ciò non sarà possibile, non resterà che ricorrere in ultima istanza impugnando il dispositivo. E Compag su questo punto è fortemente motivata ad agire, stanca dei continui danni causata al comparto agricolo da una politica impreparata e sorda.

                                                                                                   (a cura di Compag)

Filiera cerealicola sotto l’attacco della burocrazia - Ultima modifica: 2021-09-06T14:22:32+02:00 da Agricommercio e Garden Center

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