«Le Imprese del settore dei fertilizzanti sono state chiamate a gestire tutta una serie di dinamiche sulle quali difficilmente si può intervenire – afferma Giovanni Toffoli, presidente di Assofertilizzanti-Federchimica –. Sono moltissimi i fattori, fra loro interconnessi,che hanno delineato l’attuale situazione. Anche prima dello scoppio del conflitto in Ucraina avevamo osservato un aumento della domanda di fertilizzanti a livello mondiale e i prezzi eccezionalmente alti del gas hanno gravato fortemente sui costi di produzione. Tale quadro, già di per sé molto complesso, è stato poi reso ulteriormente critico dall’interruzione delle importazioni di concimi provenienti dalla Russia verso l’Ue che, stando ai dati Eurostat, nel periodo 2020-21 si aggiravano intorno al 30% del totale»
Toffoli ci ha spiegato che i produttori di fertilizzanti stanno cercando di diversificare le proprie fonti di approvvigionamento e di investire in innovazione per mettere quanto più possibile in sicurezza le produzioni. In particolare, acquisiranno sempre maggiore importanza le attività di ricerca e sviluppo, da tempo già avviate dalle Imprese, volte all’individuazione di nuove materie prime, quali, ad esempio, la green ammonia, la struvite e altre unità nutritive provenienti dalle attività di recupero, nel pieno rispetto dei principi della circular economy.
«In questo momento le difficoltà di approvvigionamento, anche in termini di costi crescenti per la produzione di fertilizzanti, sono dovute a molteplici fattori. Un aspetto rilevante è la crescita della domanda interna in alcuni importanti Paesi produttori di materie prime, tra cui Cina, Russia ed Egitto,che, anche prima dell’esplodere del conflitto in Ucraina, avevano ridotto i quantitativi di fertilizzanti esportati, creando una maggiore domanda su mercati internazionali».
Nell’immediato, pertanto, assisteremo a pesanti ricadute sui prezzi dei fertilizzanti, anche se, ad oggi, non possiamo parlare di mancanza di materia prima per il nostro Paese. «Diversa potrebbe essere la situazione per la prossima campagna agraria di settembre-ottobre – afferma Toffoli – quando potrebbero verificarsi conseguenze negative anche nell’approvvigionamento dei fertilizzanti potassici, dove Russia e Bielorussia hanno quote molto importanti di produzione. Le Imprese potranno essere costrette a rifornirsi da nuovi mercati che, causa nuovo rapporto domanda/offerta, potrebbero innalzare ulteriormente i prezzi con gravi ripercussioni sui costi di produzione alimentari.
Commercianti
«Da parte dei commercianti c’è la necessità di incrementare la propria disponibilità finanziaria per far fronte agli acquisiti dell’agricoltore che, in genere, paga quando riesce a incassare vendendo i suoi prodotti – afferma Luigi Petralli di Compag (commercianti agricoli) –. Molti forse non se ne sono ancora resi conto ma questo sta creando non pochi problemi. Si pensi solo alla vendita di un camion di urea il cui prezzo è triplicato, impegnando quindi un capitale triplo rispetto allo scorso anno per la stessa vendita. E questa maggiore richiesta finanziaria si spalma su tutta la catena distributiva che, in fin dei conti, sostiene l’agricoltore e lo finanzia. L’alternativa potrebbe essere quella di vendere meno merce mantenendo lo stesso fatturato, ma questo sarebbe un ulteriore elemento limitante per la disponibilità di mezzi per l’agricoltura».
In questo momento i prezzi dei fertilizzanti minerali, per i quali l’Italia è assolutamente dipendente dall’estero, sono folli ma l’Italia è un buon produttore di concimi organici e organo-minerali. «Si tratta di prodotti sempre più richiesti, – continua Petralli – che rappresentano una delle risposte alle attuali difficoltà di mercato».
Il prezzo di mercato dei cereali è al momento molto buono, quindi la propensione all’acquisto non dovrebbe venire comunque meno. Certo, l’agricoltore sceglierà con più attenzione la concimazione, dato il costo.
«Sicuramente – continua Petralli – ci saranno ritardi nella consegna dei fertilizzanti anche per chi avrà prenotato e qualcuno potrebbe rimanere addirittura senza concime o essere costretto a posticiparne l’applicazione in funzione delle disponibilità».
Consorzi Agrari
«L’aumento dei prezzi dei fertilizzanti era iniziato nell’autunno 2021 – ci tiene a precisare Stefano Forbicini Randi, manager del comparto fertilizzanti di Consorzi Agrari d’Italia – in conseguenza dell’incremento dei costi energetici. Nel momento, poi, che la situazione sembrava stesse migliorando, è arrivata la guerra».
In questo periodo Yara ha deciso di sospendere a più riprese la produzione (prima in ottobre e successivamente a marzo), mentre le importazioni sono state frenate nel momento in cui c’era molto incertezza. «Problemi si sono avuti anche dal bacino del Mar Nero da dove arrivano fosfatici e azotati – sottolinea Forbicini – con impennata del prezzo del nitrato ammonico che è passato da 250-300 $/t a 900 $/t. Gli agricoltori così ritardano il più possibile gli acquisti, aspettando l’ultimo momento, con tutte le difficoltà logistiche connesse».
La carenza di fertilizzanti, ci spiega Forbicini, ha raggiuto livelli del 30-40% per il blocco della produzione di Yara che solo adesso ricomincia a produrre e per le scarse importazione da parte dei trader internazionali. Oggi infatti sono pochi gli operatori che si possono permettere impegni finanziari per acquistare grosse forniture a prezzi elevati.
«Vorrei segnalare anche qualche problema negli organo minerali. L’influenza aviaria ha infatti limitato la disponibilità di pollina mentre l’industria della pelle ha rallentato la produzione limitando la fornitura di scarti di lavorazione Da subito abbiamo consigliato prodotti a maggiore efficienza come quelli a lento rilascio di azoto, che ne permettono un risparmio dal 20 al 30%. Per i prodotti fosfatici è preferibile utilizzare quelli che sono soggetti a una minore retrogradazione. L’agricoltura di precisione, poi, rappresenta la chiave di volta per risparmiare. Le mappe di prescrizione e l’uso del rateo variabile sono fondamentali per concimare quanto e dove serve».
Anche l’uso dei concimi fogliari può rappresentare un valido aiuto per incrementare l’efficienza della fertilizzazione.
«Il 2022 sarà un anno che vedrà prezzi elevati, sia pure con qualche possibile flessione, almeno fino all’autunno (con un prezzo dell’urea oltre i 1.000$/t). C’è da dire, comunque, che chi semina sicuramente concimerà, magari risparmiando qualche quintale di prodotto, ma concimerà. L’agricoltore aspetta fino all’ultimo a comprare i concimi perché spera anche che il prezzo inizi a scendere. Con l’urea a 110 €/q contro i 35-36 € della scorsa stagione e il nitrato ammonico da 17-18 €/q a 90 € non si è incentivati ad acquistare. C’è da dire comunque che i cereali, che sono i maggiori consumatori di concimi, dovrebbero mantenere prezzi elevati e quindi garantire un certo spazio alle spese per concimare.
In un regime di prezzi bassi, o se si fosse certi di un sicuro rialzo a breve, gli acquisit potrebbero essere anticipati, ma oggi nn si hanno certezze. Questo comunque non vale solo per gli agricoltori, ma anche per i distributori. Cai ha 120 magazzini sul territorio e la loro gestione deve essere estremamente oculata per evitare incauti acquisti. «E purtroppo in questo momento – conclude Forbicini – si naviga a vista…».
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Gli importatori
«Il problema maggiore – afferma Aldo Giglioli di Algio spa di Reggio Emilia – è che mancano circa 250 mila t di fertilizzanti, pari a 250 milioni di merce a terra, e sarà molto difficile che la struttura di approvvigionamento riesca a sopperire nei prossimi due o tre mesi a tale deficit. Le ragioni di questa situazione sono collegate solo in parte alla guerra in Ucraina ma dipendono principalmente dal fatto che, dopo un decennio e più di stagnazione economica (post crisi 2009), si è verificato un fatto nuovo, tremendo ed imprevedibile: il Covid. Siamo stati due anni segregati e alla riapertura tutti volevano tornare a produrre e quindi i costi delle materie prime e dell’energia sono letteralmente esplosi. Questo ha comportato tuttavia che molti attori dell’offerta si siano trovati a dover sopportare oneri finanziari doppi o tripli rispetto al loro naturale passo: qualcuno ha preferito ridurre i propri spazi sul mercato accontentandosi di mantenere il proprio fatturato, altri sono usciti dal mercato per alcuni periodi, altri ancora sono cresciuti facendosi tuttavia carico di rischi enormi sul credito; alla fine di tutto questo tuttavia la merce a terra è meno di quella necessaria. Una buona notizia è che finalmente, nell’ottica di ridurre le quantità di concimi distribuiti (e il costo per ettaro) senza dover rinunciare alle rese, sarà possibile osservare una maggiore diffusione dei concimi granulari speciali trattati con additivi in grado di ridurre le perdite di azoto, fosforo e potassio. E una volta che avranno imparato ad usarli, dubito che gli agricoltori torneranno alla concimazione tradizionale.
Infine, volendo dare uno sguardo al futuro, sui prezzi dei concimi tutto può succedere. Localmente però la scarsità di prodotto disponibile e la logistica saranno i maggiori driver per la definizione del prezzo; per quanto riguarda invece l’aspetto internazionale, ammesso che la guerra finisca presto, il mercato che ci troveremo in mano non sarà più lo stesso, anche solo per quanto riguarda la moneta che dovremo utilizzare per comprare le merci nel mondo. E la possibilità di fare i pagamenti internazionali in euro piuttosto che in dollari potrebbe aprire ulteriori favorevoli orizzonti.
«Per i fertilizzanti la situazione non è mai stata critica come quest’anno, neppure nel 2008 che già fu un anno difficile – aggiunge Oriano Bezzi – ad di Panfertil, società che importa e produce fertilizzanti con sede al porto di Ravenna - Al momento mancano 200mila tonnellate di urea e la situazione non accenna a migliorare in conseguenza anche della chiusura di Yara, che avrebbe prodotto a prezzi inaccessibili».
«Vorrei sottolineare la diversità di comportamento del mercato per quanto riguarda le concimazioni di fondo fatte con fosfati, binari e ternari e concimazioni di copertura fatte prevalentemente con urea e derivati. Mentre per le concimazioni di fondo il mercato ha ritardato la domanda verso le epoche di applicazione, per le concimazioni di copertura il timore di rimanere sprovvisti di urea ha anticipato la domanda in molte zone della pianura Padana. Stiamo consegnando urea a molti clienti risicoltori e maiscoltori che di solito ritirano in maggio e giugno».
«Adesso nel porto di Ravenna non è disponibile un kg di urea perché tutta quella che arriva viene venduta immediatamente. Nessuno in questo momento riesce a far partire una nave, che arriverebbe 25-30 giorni dall’ordine, con tutto quello che ne consegue a livello di prezzo, ma ci si affida ai trader».
«A mio parere fino alla fine di aprile potranno non esserci ancora grossi problemi ma se continua così la situazione potrebbe precipitare».
«I prezzi di alcuni prodotti tipo grano e mais sostengono comunque la produzione e quindi chi ha seminato concimerà. La vedo grigia, invece, per orticole, frutta, vigneto, che potrebbero non essere concimate visti bassi prezzi di mercato».
«Il nostro scopo è quello di arrivare a fine stagione (metà giugno) senza scorte di magazzino perché i prodotti acquistati agli attuali prezzi altissimi potrebbero perdere drasticamente valore se il mercato dovesse subire una svolta».
Gli agricoltori
Di fronte all’impennata dei prezzi che ha portato a triplicare il valore di urea e affini, agricoltori e tecnici sembrano muoversi in sinergia, con un comune obiettivo: risparmiare dove si può, ma senza mettere in pericolo le rese per ettaro. Soprattutto per quei prodotti, vedi i cereali, le cui quotazioni sono salite di pari passo con quelle dei mezzi tecnici.
«La situazione resta sostenibile perché il mercato dei cereali si mantiene su valori alti. Se a fronte di questi prezzi dei fertilizzanti dovessimo assistere, con l’estate, a un livellamento verso il basso delle quotazioni di mais e grano, quasi tutte le aziende andrebbero in perdita», commenta Leonardo Bertolani, tecnico di Farmers net, una rete d’imprese che gestisce 15mila ettari di seminativi più altri 5mila in secondo raccolto. La sostenibilità dello status quo, ovviamente, non vale per chi fa autoconsumo, ma in ogni caso il consiglio di Bertolani è di non cedere alla tentazione di abbandonare le concimazioni azotate.
«Facciamo una distinzione tra fondo e concimazione primaverile. Se si è sempre fatta, negli anni, una concimazione di mantenimento, allora per un anno si può pensare di ridurla o eliminarla del tutto, ma non possiamo esimerci dalle concimazioni azotate, che sono indispensabili per fare produzione. Lo dico per chi vende ma anche per chi fa autoconsumo: massimizzare la produzione, in un anno come questo, è d’obbligo, per non essere costretti a ricorrere al mercato, con i prezzi che conosciamo».
È invece il caso, come sta facendo Farmersnet, di percorrere strade alternative, come l’impiego di fertilizzanti speciali. «Usiamo soltanto prodotti inibiti, che richiedono dosaggi inferiori del 20%. Inoltre abbiamo fatto un buon lavoro con i concimi fogliari, che si possono distribuire con il diserbante, risparmiando quindi sul gasolio della concimazione. Tra l’altro questi prodotti sono aumentati mediamente del 30%, contro il 300% dell’urea e dunque in proporzione sono diventati più competitivi rispetto a quest’ultima».
«Comunque sia, e a costo di risultare antipatico ai produttori, dico che per chi vende la granella è molto meglio avere l’urea a 120 euro e il mais a 40 che tornare alla situazione di qualche anno fa, con mais e grano sotto i 20 euro al quintale», conclude Bertolani.
Ci sono però settori in cui i prezzi delle produzioni non sono aumentati, o quasi, e dunque il rincaro dei fertilizzanti pesa interamente sui bilanci. Uno di questi è la viticoltura. «Purtroppo i prezzi delle uve sono ancora quelli degli anni scorsi, mentre i mezzi tecnici, ma anche gli imballi e il vetro, stanno raddoppiando o triplicando», dice sconsolato Michele Ghetti, proprietario di 70 ettari in provincia di Ravenna, di cui 20 coltivati a Trebbiano e Chardonnay, con produzione che finisce alla cantina sociale di Predappio e, in seconda battuta, a Caviro. «Sono cantine che lavorano con la Gdo, per cui diventa difficile praticare rincari del 10 o più per cento», aggiunge il viticoltore.
In questa difficile situazione, anche Ghetti ha scelto il male minore, rinunciando alla concimazione di fondo ma non a quella azotata. «Mediamente davamo 4 quintali per ettaro di complesso, in inverno. Quest’anno lo abbiamo evitato quasi ovunque, nella speranza di rifarci a primavera con prezzi inferiori. Invece i prezzi sono saliti ancora. Stiamo così lavorando con la fertirrigazione, che già facevamo, parzialmente, negli anni scorsi. Il concime invernale è stato invece sostituito da borlande e altri sottoprodotti organici, come gli scarti di lavorazione del vino. Per risparmiare gasolio, inoltre, in primavera eviteremo le lavorazioni nell’interfilare, che solitamente eseguivamo a rotazione. Purtroppo in tempi come questi l’unica soluzione è tirare la cinghia». Ottavio Repetti
Gli agromeccanici
Difficoltà di approvvigionamento e costi triplicati rispetto al normale. Nel periodo clou della concimazione anche gli agromeccanici devono fare i conti con l’urea che costa come l’oro e allo stesso tempo in alcune realtà è difficile da reperire.
«A inizio aprile l’urea costava 120 €/q contro i 28 di agosto 2020 e quella di importazione era sui 110 €/q - conferma Andrea Bonora, contoterzista ferrarese -. Se evito il granulare e vado sul liquido siamo comunque sui 115 €/q e anche il nitrato ammonico è sui 95 €/q, ma se consideriamo il costo per unità di N, l’urea rimane la più conveniente. E poi bisogna averlo ordinato per tempo, perchè adesso è difficile trovare qualsiasi concime».
Ma non c’è solo il costo stratosferico del concime da prendere in considerazione, bisogna fare i conti anche con il costo del gasolio. «È cambiato tutto - continua Bonora - l’anno scorso a un cliente che voleva arare il suo campo gli chiedevi 140 €/ha: partendo da una base di 60 l/ha di gasolio a 50 cent/l, veniva a costare 30 € solo di gasolio. Oggi il gasolio viaggia su 1,20 €/l, per cui il totale sale a 75 euro… e questo considerando solo il gasolio, ma sono aumentate anche altre voci. Insomma, tra guerra e speculazione non si sa come muoversi». Un suggerimento Bonora comunque ce l’ha. «Il ricorso a digestato liquido e reflui, che ho già sperimentato sulla mia azienda agricola per mantenere la sostanza organica, anche se servono grandi quantità e ci sono alcune difficoltà da superare. Sicuramente meglio, come rapporto costi/benefici, il digestato solido: quest’anno ne ho comprato il doppio dello scorso anno, devi solo avere l’accortezza di distribuirlo e interrarlo subito».
Spostandoci al Sud, le cose non cambiano tanto. «C’è difficoltà di approvvigionamento in particolare per l’urea, ma anche per tutti i concimi a lenta cessione - sottolinea Matteo Tamburrelli, contoterzista foggiano e presidente di Apima Foggia (associazione provinciale imprese agromeccaniche) - per cui li devi prenotare e non sempre arrivano. E poi i costi: sono saliti dai 33-35 €/q dello scorso anno agli attuali 110-115 €/q. Il problema per noi contoterzisti è la difficoltà di programmare il lavoro, perchè alcuni agricoltori sono in ritardo. Fortunatamente, se rapportiamo tutta questa situazione all’uso dei fertilizzanti nel grano (quotato a metà aprile 50 €/q) e nei cereali, quanto meno c’è attesa di rientrare nelle spese. Cosa che non vale per le ortive, perché chi usa l’urea per gli ortaggi da industria la paga 3 volte di più, ma non ha il “salvagente” del prezzo alto per il prodotto. A voler trovare un lato positivo di questa crisi, credo che aumenterà il ricorso all’agricoltura di precisione per ottimizzare l’utilizzo degli spandiconcime. In ogni caso adesso bisogna anticipare molti più soldi rispetto allo scorso anno e questo complica la situazione, perchè sono in tanti a concordare i prezzi solo a fine stagione. Di conseguenza anche noi agromeccanici dobbiamo adeguare le nostre tariffe. Come associazione a fine 2021 avevamo deciso un incremento del 12,5%, giusto per coprire l’aumento dei costi in generale, suggerendo ai soci di applicarlo anche alla tariffa concordata con il cliente. Purtroppo l’incremento dei costi dell’energia e del gasolio ha già reso vano questo aumento, per cui dobbiamo di volta in volta comunicare al cliente un ulteriore aumento».
Stessa situazione anche in Piemonte. «Ho aumentato le tariffe e avviso prima il cliente di questo - conclude Ezio Maurino, della provincia di Torino -. In linea di massima i clienti capiscono, del resto non possiamo lavorare in perdita. Anzi, quest’anno ci faremo pagare dopo la trebbiatura, non a fine anno come sempre. Altrimenti rischiamo di fare ancora di più da banca agli agricoltori e non possiamo proprio permettercelo».
Anche Maurino conferma che il problema al momento non si pone per mais e grano, ma per altri prodotti sì, «vedi latte e carne, per i quali i prezzi non sono aumentati. Per tutti questi motivi, noi agromeccanici dobbiamo essere ancora più selettivi nei confronti dei clienti, evitando quelli che erano già al limite e che con questa crisi non sopravviveranno, Anche a costo di lavorare meno. Ma almeno i soldi li porti a casa». Francesco Bartolozzi