Una possibile risposta alle difficoltà del comparto agricolo italiano è arrivata dal convegno “Gli inibitori della nitrificazione: una risposta alla crisi dei fertilizzanti”, che si è svolto il 14 aprile a Roma. La situazione economica già compromessa nei due anni di pandemia si è aggravata a causa dell’aggressione della Russia all’Ucraina e del prolungarsi del conflitto. L’aumento verticale dei costi delle materie prime, le problematiche logistiche e di approvvigionamento, l’interruzione di intere catene di valore e, infine, l’incremento delle tariffe energetiche, hanno colpito duramente il settore dell’agricoltura. Basti pensare che due dei Paesi coinvolti nella crisi ucraina - Russia e Bielorussia – sono fra i maggiori produttori mondiali di fertilizzanti.
Interventi razionali
In questo scenario, è necessario valorizzare tutte le soluzioni tecnologiche che consentono di ridurre l’uso di fertilizzanti e di razionalizzare il ciclo dell’azoto, attraverso una gestione più sostenibile. Ad esempio, le tecnologie che possano limitare le perdite di azoto per percolamento responsabili dell’inquinamento delle falde acquifere.
Un inibitore della nitrificazione è la molecola Nitrapyrina, utilizzata nella tecnologia Optinyte, raccomandata a livello internazionale anche dall’IPCC (International Panel on Climate Change). L’utilizzo di questa sostanza può ridurre i rischi di inquinamento legati alla lisciviazione dei nitrati e aumentare l’efficienza d’uso dell’azoto distribuito alle colture, con vantaggi sia economici sia ambientali, già provati sperimentalmente anche in Italia.
Migliore efficienza dell’azoto
Molecole come quelle della tecnologia Optinyte svolgono un compito positivo per l’ambiente, in quanto aiutano gli agricoltori a ottimizzare l’apporto di azoto al suolo e a potenziarne l’efficienza, migliorando la resa della coltura e incrementando la redditività.
«Gli inibitori della nitrificazione sono uno strumento agronomico di semplice utilizzo, adatto a contesti aziendali di diverso tipo, sia in associazione a fertilizzanti si sintesi che di concimi organici e che consente agli agricoltori di migliorare sensibilmente l’efficienza di utilizzo dell’azoto a vantaggio della coltura, coniugando benefici ambientali e miglioramento della produttività ad ettaro» ha esordito Gabriele Burato, amministratore delegato Corteva Agriscience Italia.
Lisciviazione di azoto -16,5%
L’uso delle fertilizzazioni azotate in agricoltura rappresenta per l’Unione europea la principale fonte di rilascio di azoto nell’ambiente, con perdite stimate fra 6,5 e 8 tonnellate all’anno, essendo il 18% dei corpi idrici dell’intera Unione contaminato da nitrati. L’utilizzo degli inibitori della nitrificazione è una pratica agronomica che permette di ridurre del 16,5% la lisciviazione dell’azoto nelle acque sotterranee e sta dimostrando promettenti risultati anche in termini del contenimento delle emissioni in atmosfera.
Il convegno ha visto la partecipazione del prof. Claudio Marzadori, del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari dell’Università di Bologna; di Guido Bezzi del Consorzio Italiano Biogas; di Nicola Gherardi della Giunta Esecutiva di Confagricoltura.
Alla crisi rispondiamo con l’innovazione
«Lo scenario internazionale, con l’invasione russa in Ucraina, ha provocato uno shock sui mercati, con un aumento vertiginoso dei costi dei fertilizzanti. Russia e Ucraina, infatti, sono tra i maggiori produttori al mondo – ha dichiarato Filippo Gallinella (M5S), presidente della commissione Agricoltura, intervenendo al convegno. Per questo, è necessario valorizzare tutte le soluzioni tecnologiche e agronomiche che consentano di ridurre l’uso di fertilizzanti e di razionalizzare il ciclo di azoto, attraverso una gestione più sostenibile, preservando e ottimizzando il suolo. Tra questi ci sono gli inibitori della nitrificazione, come la Nitrapyrina, che abbiamo contribuito ad approvare con l’interlocuzione attiva con il Ministero delle Politiche agricole, che ha portato alla firma del relativo decreto ministeriale. Gli agricoltori potranno così aumentare le produzioni ma soprattutto ridurre l’uso di fertilizzanti azotati mediamente del 30 per cento».
« La “Farm to Fork” non deve spaventarci – ha concluso -, è una strategia di lungo termine che sprona a produrre di più e meglio, con un minor impatto ambientale e una maggiore sostenibilità. Potremo raggiungere questi obiettivi grazie alla ricerca scientifica e all’innovazione tecnologica così da sostenere concretamente i nostri agricoltori».