Tra nuove regole e mercati borderline

biostimolanti e la nuova normativa ue sui fertilizzanti
Il nuovo regolamento Ue sui fertilizzanti disciplinerà per la prima volta i biostimolanti. Occorreranno alcuni anni prima che si possa armonizzare un comparto con ancora zone grigie…

Il 27 marzo il Parlamento Ue ha approvato a larghissima maggioranza il testo del nuovo regolamento sui fertilizzanti che abrogherà nel 2022 la norma attualmente in vigore. Al momento in cui scriviamo (inizio aprile, NdA) non è ancora stato pubblicato in Gazzetta ma, se anche ci saranno modifiche, saranno di lieve entità, quindi possiamo considerare pressoché definitivo l’inquadramento che è passato in Parlamento.

Iniziamo, allora, dalla definizione di Biostimolante delle piante che è qualunque prodotto che stimola i processi nutrizionali delle piante indipendentemente dal suo tenore di nutrienti, con l’unica finalità di migliorare una o più delle seguenti caratteristiche della pianta o della rizosfera della pianta:

  1. efficienza dell’uso dei nutrienti;
  2. tolleranza allo stress abiotico;
  3. caratteristiche qualitative;
  4. disponibilità di nutrienti confinati nel suolo o nella rizosfera.

Poche righe che forniscono però alcuni interessanti spunti di riflessione. Innanzitutto si chiarisce che le funzioni di un biostimolante non devono dipendere dall’eventuale contenuto di nutrienti, intesi nel senso più tradizionale del termine. Significa che possono contenere, ad esempio, azoto o magnesio o ferro ma lo “stimolo”, ancorché legato ai processi nutrizionali, è esclusivamente finalizzato al miglioramento di specifiche caratteristiche. Alcune di tali peculiarità sono chiaramente legate alla nutrizione.

L’efficienza dell’uso è già una realtà grazie ai prodotti che consentono alla pianta di utilizzare al meglio gli elementi (anche pochi) che trova. Ancor più specifica è l’ultima voce: migliorare la disponibilità di nutrienti che è cosa diversa dall’efficienza ad usarli. Si tratta, in questo caso, di rendere disponibili per le piante quelle quote di elementi che normalmente sono trattenuti dal terreno ed il cui inevitabile destino è di retrogradare in forme non assimilabili o di essere allontanati dalla zona esplorata dalle radici. La seconda caratteristica in elenco è stata oggetto di estenuanti confronti e, una volta per sempre, si è arrivati a chiarire che i biostimolanti non possono agire sugli stress biotici, in quanto tale funzione deve restare di esclusiva pertinenza dei fitosanitari. Di conseguenza si tratta di lavorare a livello di stimoli nocivi esclusivamente di natura “ambientale” come possono essere la troppa o poca acqua, il caldo eccessivo o una gelata, terreni salini o con pH molto lontani dalla neutralità.

Un punto controverso

Arriviamo al punto più controverso, non tanto per il significato del termine quanto per l’ampia casistica che si portano dietro le parole “migliorare le caratteristiche qualitative”. In questo caso è evidente la sovrapposizione con il comparto dei fitosanitari visto che anch’essi migliorano la qualità delle produzioni agricole ma, ancora una volta, a fare la differenza è il modo in cui agiscono gli uni o gli altri mezzi tecnici.

Una mela senza vermi così come un grano senza funghi, hanno di sicuro un’ottima qualità ma le funzioni dei biostimolanti vanno in direzione diversa da quella della difesa dei vegetali. Si tratta di migliorare aspetti visivi come il colore, la serbevolezza con l’incremento della shelf-life, il gusto come il sapore ed altro ancora. Anche in questo caso la definizione di fitosanitario fornita dal reg. Ce 1107/2009 fa la differenza e traccia chiaramente il confine tra le due categorie di prodotti.

Abbiamo forse esasperato il confronto tra questi due distinti mezzi tecnici ma l’argomento è molto delicato ed è opportuno evitare di girarci intorno. Proprio in questi ultimi mesi, in Italia sono aumentati i controlli sui fertilizzanti volti a punire quelli le cui descrizioni in etichetta sono andate ben oltre la funzione nutritiva ed è stata usata terminologia chiaramente da fitosanitario. Relativamente ai biostimolanti, ad esempio, la recente revisione del Farm Bill Statunitense ha per la prima volta introdotto una loro definizione (molto simile a quella Ue) ma li ha inseriti come “non-fitosanitari” sotto il controllo dell’autorità che, oggi, disciplina negli Usa gli agrofarmaci. In Europa l’approccio è stato diverso, rientreranno nella norma sui fertilizzanti che in Italia è sotto il controllo del Ministero dell’agricoltura (ricordiamo che i fitosanitari sono autorizzati dal Ministero della salute), avranno l’aliquota Iva agevolata del 4% (contro il 10% degli agrofarmaci) e, ad ulteriore differenza tra le due categorie, non occorrerà nessun permesso/licenza/autorizzazione per commercializzarli o impiegarli. Sono evidenti i vantaggi, anche commerciali, derivanti dall’aver compreso i biostimolanti nella norma sui fertilizzanti. In un riquadro a parte illustriamo brevemente come saranno inseriti i biostimolanti nel nuovo regolamento Ue.

La legge nazionale

Come dicevamo, occorreranno alcuni anni prima di veder applicato il nuovo regolamento a livello Ue, anche dopo è comunque previsto che restino valide le singole norme nazionali.

Vediamo brevemente cosa prevede, oggi, il decreto legislativo 75/2010 che, lo ricordiamo, è l’unica norma che disciplina tali prodotti e i distributori devono porre particolare attenzione quando ne acquistano uno. Infatti l’uso del termine “Biostimolante” è riservato ai tipi di fertilizzanti elencati nell’allegato 6 (sezione 4.1) e la legge stabilisce persino che non è consentito dichiarare proprietà biostimolanti alla miscela di uno degli 11 tipi con altri fertilizzanti compresi nel dlgs. Ricordiamo che l’articolo 12 del citato decreto, al comma 3 spiega che i distributori non possono essere sanzionati quando l’irregolarità è riconducibile esclusivamente al fabbricante per composizione difforme e/o proprietà interne del prodotto.

In termini pratici significa che, in caso di irregolarità dal punto di vista analitico, verrà sanzionato solo il fabbricante ed al commerciante, nella peggiore delle ipotesi, sarà sequestrato il prodotto non conforme.

Tuttavia se l’irregolarità è evidente anche in termini di etichettatura anche il distributore potrebbe essere colpito e non necessariamente con la sola sanzione amministrativa.

Pertanto, parlando di biostimolanti, se si utilizza tale termine su fertilizzanti che non se ne possono fregiare, anche il commerciante rischia grosso.

Attenzione negli acquisti

L’invito ad una maggiore attenzione al momento dell’acquisto è rivolto quindi agli operatori del canale distributivo che agiscono in buona fede e che si renderebbero inconsapevolmente complici di vere e proprie frodi in commercio. Suggeriamo di prestare attenzione a quello che si acquista, di controllare sempre bene le diciture per verificare la presenza o meno del termine “biostimolante” e la coerenza con la restante parte dell’etichetta e con l’aliquota Iva applicata. Stabilito che la definizione “Biostimolante” si può impiegare solo per alcuni specifici fertilizzanti, non possiamo trascurare tanti altri ottimi prodotti con funzione di coadiuvanti per la crescita e lo sviluppo delle piante. Molti di essi possono essere utilizzati anche in agricoltura biologica (vedi riquadro sul Convegno al Macfrut), generalmente si tratta di prodotti con Iva al 22% la cui descrizione richiama il concetto di biostimolante anche se tale termine non viene espressamente utilizzato.

Diamo qualche consiglio a chi sceglie di commercializzare anche questa categoria di specialità. C’è una norma (il decreto legislativo 6/9/2005 n. 206 s.m.i. – Codice del Consumo) che si applica, appunto, per i prodotti che non sono oggetto di specifiche disposizioni. Trovare in etichetta un riferimento a questa norma è già un segno di accuratezza, ovviamente il nome dell’azienda e la sua “tradizione” in settori innovativi fanno il resto, si sconsiglia di affidarsi a società poco note, ditte individuali, aziende senza un proprio sito produttivo.

La lettura dell’etichetta non si limiterà a quanto sopra, ma si deve prestare attenzione anche alla composizione, alla qualità delle materie prime utilizzate, alla presenza di indicazioni sui metodi di lavorazione ove questi possano essere determinanti per la qualità, insomma a tutte le caratteristiche merceologiche che aiutano a comprendere bene di cosa si tratta, come si usa ed a che cosa serve il prodotto.

Attenzione anche a indicazioni troppo generiche e poco circostanziate, relative all’impiego in agricoltura biologica.

I biostimolanti sono senza dubbio un’ottima opportunità dal punto di vista tecnico-commerciale ma le insidie che si nascondono dietro a tale mercato sono altresì fonte di nuove preoccupazioni. Il miglior consiglio resta sempre quello di rivolgersi ad aziende di affermata serietà, conosciute sul mercato anche dagli utilizzatori finali e con una rete di tecnici qualificati a supporto delle vendite.


Inquadramento normativo dei biostimolanti

Nel nuovo regolamento li troviamo nell’allegato I che descrive tutte le categorie funzionali dei prodotti (Pfc) e che, al punto 6 della Parte I, divide i biostimolanti in due categorie: microbici e non microbici.

I primi sono costituiti da un microrganismo o da un consorzio di microrganismi, gli altri, semplicemente, comprendono tutti i biostimolanti diversi da quelli microbici.

La necessità di creare i due sottogruppi è giustificata dal fatto che i microbici hanno una lista di patogeni da tenere sotto osservazione, molto più lunga da quelli non microbici.

Ovviamente i primi potranno contenere una sola Cmc (categoria di materiali costituenti: microrganismi) invece i secondi potranno essere costituiti da una o più Cmc, come piante ed estratti di piante, sottoprodotti dell’industria alimentare o derivati di origine animale ed altro ancora.

Le regole di etichettatura saranno molto simili e, relativamente a questa categoria, sarà necessario dichiarare gli effetti per ogni pianta “bersaglio” a cui il biostimolante è destinato.


Convegno sui mezzi tecnici al Macfrut 2019

Tra gli agrotecnici vi sono comparti davvero innovativi ma sono molte le criticità ancora da dipanare. Occorre comunque inquadrare l’intero settore e chi decide, anche a livello normativo, corre il rischio di sbagliare proprio perché non ha una visione completa.  “Sostenibile” e “adatto alle coltivazioni biologiche” sono termini talvolta utilizzati impropriamente.

Ritenendo utile fornire una chiave di lettura al di sopra delle righe e per sollecitare un approccio più pragmatico all’impiego di alcuni mezzi tecnici per l’agricoltura, tra gli eventi del prossimo Macfrut, si inserisce il convegno “Considerazioni politicamente scorrette sull’uso sostenibile dei mezzi tecnici”. Si parlerà, ad esempio, di nuove categorie di prodotti come i corroboranti a cui il legislatore ha erroneamente attribuito proprietà biostimolanti.

Il programma dettagliato è visibile al sito:
https://www.macfrut.com/meeting/207/convegno_silc_fertilizzanti
ed il nostro gruppo editoriale è media partner dell’evento.


 

Leggi l’articolo su AgriCommercio & Garden Center n. 3/2019

Dall’edicola digitale al come e perché abbonarsi

Tra nuove regole e mercati borderline - Ultima modifica: 2019-04-24T14:44:43+02:00 da Barbara Gamberini

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