I biostimolanti sono prodotti ottenuti da materie prime di origine vegetale o animale ma possono anche contenere microrganismi (batteri o funghi) o composti inorganici (nanoparticelle) in grado di stimolare la crescita delle colture e la tolleranza verso gli stress abiotici.
Possono essere applicati direttamente sulla parte aerea delle piante o al terreno con effetto sull’apparato radicale mediante assorbimento o indirettamente migliorando la microflora della rizosfera.
I biostimolanti sono in grado di attivare diversi processi fisiologici e biochimici che portano a un aumento dell’efficienza d’uso dell’acqua e dei nutrienti (Bulgari et al., 2015; du Jardin 2015; Rouphael e Colla, 2018). Le piante trattate hanno una crescita più veloce e un apparato radicale più espanso, in modo da poter esplorare un volume di terreno più ampio alla ricerca di acqua e nutrienti.
I biostimolanti sono sempre più utilizzati in agricoltura per migliorare la resa e la qualità delle colture e nello stesso tempo ridurre l’impiego dei mezzi tecnici (fertilizzanti, regolatori di crescita, ecc.).
Questi prodotti sono da considerarsi degli strumenti che migliorano la capacità delle colture di utilizzare le risorse che hanno a disposizione, senza sostituirsi ad esse, ossia non possono essere un’alternativa alle concimazioni o all’irrigazione. Per definizione i biostimolanti devono agire a concentrazioni più elevate degli ormoni vegetali e più basse dei fertilizzanti, svolgono infatti, la loro azione a concentrazioni intermedie (Figura 1).
Miglioramento della sostenibilità
I sistemi colturali si stanno sempre più evolvendo verso strategie agronomiche a basso impatto ambientale senza però compromettere la qualità e la resa delle colture e i biostimolanti sono dei prodotti che possono aiutare a migliorare la sostenibilità economica e ambientale delle aziende agricole. Questi prodotti oltre a migliorare le prestazioni della coltura in condizioni di crescita ottimale, possono anche aumentare la tolleranza agli stress abiotici (salinità, siccità, alte e le basse temperature, ecc.) attraverso la biosintesi di specifici metaboliti in funzione del tipo di stress.
Dal punto di vista agronomico è ben noto che alcune piante possono stimolare o inibire la crescita di quelle vicine (consociazione) o di quelle che susseguono (avvicendamento o rotazione), attraverso la produzione di specifici composti bioattivi o dal loro rilascio durante la degradazione se opportunamente interrate (residui colturali). I biostimolanti vogliono apportare ai sistemi colturali i benefici degli avvicendamenti e delle rotazioni senza però passare dalla coltivazione ma dall’apporto dei soli composti bioattivi.
Ricerca per la caratterizzazione
La ricerca e la sperimentazione sull’applicazione dei biostimolanti per migliorare la resa, la qualità e la tolleranza agli stress abiotici delle colture sono notevolmente aumentate negli ultimi anni. La maggior parte degli studi sui biostimolanti ha riguardato la risposta delle colture in seguito alle applicazioni effettuate durante la coltivazione oppure prima e dopo uno stress abiotico. I lavori pubblicati sono notevolmente aumentati a partire dal 2011.
Dalla consultazione della banca dati di Scopus (Elsevier) risulta che il maggior numero delle pubblicazioni è stato ottenuto da lavori svolti in Italia e negli Stati Uniti. Tuttavia, non c’è da stupirsi di questo dato considerando che questi due paesi ospitano le più importanti aziende produttrici di biostimolanti. I biostimolanti sono ampiamente applicati sulle diverse colture, ma purtroppo la loro efficacia è spesso variabile da specie a specie e anche nell’ambito della stessa specie tra cultivar diverse.
Pertanto, le indicazioni sulle concentrazioni ottimali di utilizzo, la tempistica delle applicazioni e la risposta delle colture non possono essere generalizzate ed estrapolate ad altre specie.
I temi più caldi
L’attività di ricerca dovrebbe concentrarsi sulla comprensione della modalità di azione dei biostimolanti nelle piante e l’identificazione dei processi fisiologici influenzati per ottenere informazioni che possono essere sfruttate nella gestione agronomica delle colture.
Le principali tematiche che richiedono ancora una intensa attività di ricerca e sperimentazione sono:
- Caratterizzazione della composizione del biostimolante. Questo è l’aspetto più critico dei biostimolanti perché la composizione finale è fortemente influenzata dalla natura della materia prima utilizzata e dal processo industriale di produzione. La concentrazione e la tipologia dei composti bioattivi ottenuti dipendono dal processo di estrazione utilizzato e dalla composizione della matrice organica di partenza; quindi è impossibile ottenere la composizione esatta di ogni singolo elemento.
- Standardizzazione delle procedure di produzione. Il processo industriale di produzione di un biostimolante deve essere opportunamente studiato e standardizzato al fine di garantire le stesse caratteristiche chimiche in termini di concentrazione e tipologia di composti bioattivi. Il primo passo della standardizzazione deve partire dalla selezione delle materie prime utilizzate. La ricerca deve focalizzarsi sull’identificazione dei migliori protocolli di estrazione per le diverse materie prime. Pertanto, i trattamenti sequenziali di temperatura, di pressione, il tipo di solvente organico o di trattamento enzimatico devono essere opportunamente studiati in modo da garantire nel tempo lo stesso effetto biologico nelle piante.
- Caratterizzazione del biostimolante in funzione delle risposte delle colture. Studi fisiologici, biochimici e molecolari devono essere opportunamente condotti per comprendere i cambiamenti metabolici indotti dal biostimolante sulle piante. Poiché la composizione dei biostimolanti non può essere esattamente determinata, la loro classificazione può essere ottenuta attraverso un approccio di “reverse physiology” ossia valutando l’effetto dei diversi biostimolanti sul metabolismo primario e secondario delle piante. Questo approccio inverso può essere utile per la selezione e la caratterizzazione dei biostimolanti sulla base delle risposte delle piuttosto che sulla composizione. L’idea è quella di collegare la composizione sconosciuta del biostimolante a delle specifiche risposte fisiologiche delle piante.
- Identificare gli effetti stabili e riproducibili dei biostimolanti nelle colture. Un altro aspetto critico dei biostimolanti è la mancanza di efficacia in diverse specie o anche nell’ambito di cultivar diverse della stessa specie. Questo può accadere perché i singoli composti bioattivi possono avere una soglia di attività biologica variabile da coltura a coltura. Pertanto, colture diverse potrebbero avere una soglia di sensibilità diversa per i singoli composti bioattivi che si traduce in risposte fisiologiche diverse. Pertanto, le attività di ricerca dovrebbero essere orientate alla determinazione delle soglie di sensibilità delle colture ai diversi biostimolanti in modo da poterne garantire l’efficacia nel tempo.
- Tempistica e dosi di applicazione. I biostimolanti sono spesso utilizzati per aumentare la crescita o la tolleranza delle colture agli stress abiotici. L’efficacia dei biostimolanti dipende oltreché dalla composizione anche dalla tempistica di applicazione in funzione del manifestarsi dell’evento stressante. La risposta della coltura potrebbe essere molto diversa se la distribuzione del biostimolante viene effettuata prima, durante o dopo il verificarsi dello stress. Siccome, i biostimolanti devono attivare specifici processi fisiologici e biochimici nelle piante, è fondamentale individuare il tempo di applicazione migliore per massimizzare la loro efficacia. La dose ottimale è anche un altro fattore molto importante perché entro un certo intervallo di concentrazione la coltura può rispondere positivamente all’applicazione dei biostimolanti, mentre a dosi più basse o più elevante si possono non avere effetti (Vernieri et al. 2005).
- L’attività di ricerca per la produzione e l’applicazione di biostimolanti richiede una stretta collaborazione tra fornitori di materie prime, l’industria di produzione gli enti di ricerca e gli agricoltori al fine di ottenere prodotti con effetti ed efficacia certe e riproducibili nel tempo per le diverse colture.
Leggi l’articolo su AgriCommercio & Garden Center n. 3/2019
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