L’emergenza coronavirus ha colpito il nostro tessuto aziendale e ha fatto emergere alcune differenze sostanziali tra le aziende con una predisposizione alla tecnologia e quelle più restie al processo di digitalizzazione. Così, le aziende che in tempi non sospetti avevano investito in innovazione e tecnologie all’avanguardia, si sono scoperte più pronte rispetto alle altre. In questo contesto l’implementazione di software gestionali, la digitalizzazione dei documenti, la possibilità di lavorare da remoto o la vendita online, diventano un vantaggio competitivo non da poco.
Riorganizzare l’azienda per approfittare di questa spinta verso la digitalizzazione ha maggiore possibilità di riuscita se oltre a dotare l’azienda della strumentazione necessaria ci si impegna per cambiare anche la propria “forma mentis”. Molto spesso il primo ostacolo al cambiamento sono tutte le persone che non volendo spostarsi dalla propria zona di comfort rispondono negativamente ad ogni iniziativa. Andate avanti: perché una volta che questi attori sono messi nella condizione (obbligata in questo caso) di utilizzare software, seguire webinar online o comunque utilizzare tecnologie a cui prima non si erano mai avvicinati, non le lasceranno più perché affiancano una maggiore efficienza e facilità d’uso al risparmio di tempo e denaro.
Riorganizzare la propria azienda introducendo tecnologia e innovazione permetterà non solo tutelare la salute dei propri collaboratori evitando ancora per qualche tempo contatti non necessari ma per l’organizzazione diventa un vero e proprio risparmio. Incontri per i quali prima si facevano chilometri in auto possono essere sostituiti da una videoconferenza, giornate trascorse per partecipare a corsi di formazione che si possono seguire in streaming, scambi di documenti che possono essere digitalizzati in modo semplice. Il consiglio è quello di insistere, di trasformare questa condizione in un modo per rilanciare la propria azienda predisponendola alla digitalizzazione che è ormai indispensabile.
Coronavirus e smartworking
Lo smartworking è uno strumento potentissimo ma ancora molte aziende, purtroppo, non riescono a comprenderne il potenziale. L’Italia, ad esempio, secondo i dati raccolti dall’Osservatorio dello Smart Working del Politecnico di Milano, registra che solo il 3,6% dei lavoratori dipendenti praticano questa modalità di lavoro.
Nemmeno se consideriamo la percentuale di lavoratori dipendenti che lo praticano saltuariamente (quindi solo saltuariamente) la situazione migliora, anzi, scendiamo ad un 1,2%. Possiamo dunque affermare che il lavoro a distanza non è propriamente nelle nostre corde.
Ovviamente questa concezione ha subito un cambiamento radicale una volta che le aziende hanno dovuto far fronte all’emergenza sanitaria. Google ha di recente elaborato un report sulla mobilità stilato in 131 paesi del mondo compresa l’Italia, nel quale si analizzano gli spostamenti degli utenti a seguito delle restrizioni messe in atto per contrastare la diffusione del Coronavirus. Di fatto, nell’arco temporale che va dal 16 febbraio al 29 marzo, il motore di ricerca più famoso del mondo registra un -63% di utenti presenti nel posto di lavoro e un +24% di presenza presso la propria abitazione. Il primo valore è il risultato di come numerose attività economiche o siano state costrette a chiudere oppure di come le aziende siano riuscite ad adattarsi alla situazione facendo svolgere ai dipendenti le loro attività da casa attraverso lo smartworking: ecco perché il numero di utenti registrati mentre si accingevano a raggiungere il luogo di lavoro è diminuito in modo significativo. Restano esclusi ovviamente coloro che, invece, lavorano in aziende appartenenti a settori non sottoposti a obbligo di chiusura.
Questo forte cambiamento di rotta dimostra la forza e la reattività delle nostre aziende che hanno dovuto implementare in pochissimo tempo software di condivisione e imparare ad usarli (cosa da non dare assolutamente per scontata).
Un potenziale importante
Il passo successivo sarebbe mantenere lo smartworking anche nella fase post emergenza: comprenderne il potenziale, che è ancora maggiore in una situazione “di normalità”.
Ma attenzione, lo smartworking non è solo una modalità diversa di lavoro, è una vera e propria filosofia manageriale profondamente diversa. Cambia completamente la concezione del lavoro che non è nemmeno il “lavorare da casa” ma piuttosto il “portare a termine e organizzare il proprio lavoro da un luogo diverso dall’ufficio”, sganciato completamente dalle logiche standard. Si lavora per progetti, dando ampia autonomia ai propri collaboratori, caricandoli di maggiori responsabilità che derivano dalla flessibilità propria del lavoro agile.
Gli agenti e i venditori sono una delle categorie professionali maggiormente colpite, non solo dal Coronavirus ma anche dalle misure messe in atto per il contenimento del contagio: molti esercizi commerciali sono chiusi, molti clienti sono in difficoltà, gli spostamenti non vengono consentiti. Sono tutte restrizioni che impediscono alla rete vendita di compiere il proprio lavoro.
Come può dunque un responsabile commerciale o un agente di commercio tamponare la situazione?
Il lavoro del venditore si fonda sulle relazioni e in quanto tale necessita di contatto fisico ma anche di dialogo e di fiducia. In questa situazione emergenziale in cui il commerciale non può andare a far visita ai propri clienti e tanto meno può dedicarsi a ricercarne di nuovi, quello su cui deve puntare è la relazione.
Alimentare il rapporto significa chiamare il cliente, accertarsi che stia bene, cercare di comprendere come sta vivendo la situazione, se è in difficoltà economiche, se ha già voglia di pensare ad organizzare il futuro. In questo modo aumenta la fiducia e sicuramente l’interesse manifestato nei confronti del cliente potrà essere utile e fruttuoso in futuro.
Per la rete vendita può essere interessante sfruttare questo tempo per mantenere saldi i rapporti con la propria clientela ma anche con i colleghi: si possono organizzare meeting e riunioni di allineamento tra collaboratori, corsi di formazione, seminari, colloqui; tutto gestito in videoconferenza.
Il modo migliore per ripartire
Quello che stiamo vivendo è un periodo estremamente complesso e drammatico sia a livello economico che sociale. Tutte le nostre forze devono essere indirizzate a non farsi prendere dallo sconforto cercando il più possibile di individuare uno spiraglio.
Investire nelle relazioni con i clienti, incentivare lo smartworking, sfruttare questo tempo in “stand by” per formarci e aggiornarci: sono solo alcuni degli strumenti che le organizzazioni devono saper mettere in atto per farsi trovare pronti ai blocchi di partenza e affrontare il dopo nel modo migliore possibile orientate alla digitalizzazione.
Un momento importante per la formazione
Un modo per far fronte alle giornate da trascorrere in casa è la formazione. Professionalmente non è sempre facile avere del tempo da dedicare alla propria formazione o all’aggiornamento, molto spesso si seguono corsi solo perché obbligatori e non è raro incontrare aziende che non propendono per la formazione delle proprie risorse.
La formazione continua, invece, a qualsiasi livello gerarchico e a qualsiasi età è estremamente importante per elevare il proprio livello o semplicemente per svolgere meglio il proprio lavoro.
Molti esperti di diversi settori in queste settimane hanno scelto di mettere a disposizione il proprio tempo e le proprie conoscenze per permettere ai professionisti di utilizzare questo tempo per formarsi e aggiornarsi. Sul web sono disponibili numerosissimi webinar gratuiti, cicli di conferenze o seminari da poter seguire da casa: l’invito è proprio quello di far fruttare questo tempo, di appassionarsi anche ad argomenti non necessariamente legati al proprio lavoro, anche per cultura generale o per ampliare il proprio bagaglio di conoscenze. L’azienda può fare due cose in questo senso: suggerire ai propri collaboratori alcune risorse a cui attingere per la propria formazione (newsletter da seguire, seminari online, contenuti web) oppure organizzarli essa stessa coinvolgendo esperti o professionisti di settore.
L'articolo è pubblicato su Agricommercio e Garden Center n. 3/2020
Dall’edicola digitale al perché abbonarsi