Fino a poco tempo fa all’arrivo della bella stagione ai pollici verdi si consigliavano alcune operazioni di base: scavare, piantare, concimare ma, prima di tutto, liberarsi delle erbe spontanee, considerate erbacce, che da sempre approfittano dell’inverno per occupare spazi in libertà.
Ora però le cose sono cambiate. Una nuova tendenza rivaluta quelle che tradizionalmente erano considerate malerbe e le mette in evidenza perché invece stanno tornando di moda.
Le piante spontanee oggi sono molto rivalutate per varie motivazioni, ecologiche, ambientali e per gli input di famosi “floral guru”.
Sono tutti aspetti interessanti, da approfondire per elaborare proposte e allinearsi a nuovi gusti e richieste dei clienti. Da dove nascono i nuovi criteri estetici?
Da un lato, una nuova coscienza ecologica si contrappone a quella dai tradizionalisti del giardino che lo concepiscono come uno spazio da gestire in modo totale, dove nulla è fuori controllo.
Infatti le “erbacce” sono di fatto piante spontanee che germinano ovunque, grazie a esigenze ridotte e comunque in sintonia con il luogo, aspetti che piacciono molto agli ambientalisti, al contrario di quanti ritengono che tutto il verde dovrebbe essere monitorato, in ogni minimo spazio.
Fra i sostenitori dell’inserimento delle malerbe al fianco delle colture tradizionali, ci sono noti esperti. Fra loro, Richard Hansen e Piet Oudolf hanno proposto giardini con prevalenza di piante graminacee ed erbacee perenni, nell’ambito del New Perennial Movement, che le colloca al centro dei propri progetti.
Alla base c’è il concetto di Plani Community, secondo il quale i giardini devono esser concepiti come riproduzioni del paesaggio circostante, con eventuale “permesso” di partecipazione a piante non native solo se in sintonia con l’ambiente. È una visione opposta rispetto a quella dei sostenitori della sarchiatura radicale, e rappresenta un punto di vista, se possibile, ancora più vicino alla natura.
Nuovi canoni estetici
Oggi ci si chiede: chi ha stabilito che una malerba sia meno interessante di una pianta decorativa? E secondo quali canoni? Una volta accettata l’idea che tutti i pareri estetici sono soggettivi diventa difficile definire che cos’è bello e che cosa lo è di meno. Di fatto, addirittura si assiste a un ribaltamento, e quelli che erano difetti vengono valutati punti di forza.
La dignità botanica delle cosiddette erbacce viene rafforzata dalle tante qualità legate alla medicina e all’alimentazione. Sono cambiate molte cose da quando lo scrittore americano Ralph Waldo Emerson nel saggio Nature del 1836 esponeva un punto di vista che allora sembrava originale: «l’erbaccia è una pianta della quale non sono state ancora scoperte le virtù».
Oggi tutti sanno che le essenze di piante spontanee sono presenti in moltissimi formulati della farmacopea tradizionale, nei trattamenti di cura naturali e in forma ormai generalizzata, nella cosmetica, sempre più orientata verso il verde.
Per quanto riguarda le composizioni recise, le cose sono molto cambiate da quando Beth Chatto, una delle più stimate giardiniere inglesi del XX secolo, fu squalificata da giudici di un prestigioso concorso perché aveva inserito nell’elaborato una pianta spontanea.
Oggi invece molti dei più famosi floral guru presentano nei loro mazzi anche fiori di campo ed erbe comuni che fino a poco tempo fa sarebbero state considerate inadeguate.
Decorative e resistenti
La scelta, anche nel nostro Paese, è vastissima. In Italia sono diffuse piante molto decorative come :
- il papavero,
- il fiordaliso,
- la bella-di-notte,
- la pratolina e il tarassaco,
- il convolvolo e la passiflora.
L’elenco delle piante che meritano di essere valorizzate e messe sullo stesso piano di quelle catalogate come “ornamentali” può essere lunghissimo:
- Cicuta,
- Garofano di bosco,
- Galinsoga,
- Ranuncolo strisciante,
- il Centocchio che crea meravigliosi cuscini;
- l’Ortica,
- la Romice,
- il Senecio,
- la Piantaggine,
- la Correggiola,
- la Phytolacca,
- la Pulmonaria,
- la Buddleja
- ecc ....
L’importante è notare che sono piante rigogliose, tenaci, caparbie, che crescono in condizioni estreme, luoghi impervi dove nessun’altra pianta crescerebbe e per questo riescono a sopravvivere meglio nella moderna giungla urbana.
Reagiscono meglio anche alle difficoltà create dai cambiamenti climatici perché più rustiche, temerarie e combattive delle altre.
Per questo la proposta ideale è quella di un sapiente inserimento al fianco delle varietà tradizionali, integrando e completando aiuole con macchie di colore, punteggiando il verde del manto erboso o inserendo rampicanti dalle fioriture esuberanti, come il colvolvolo o la passiflora.
Appassionati e professionisti amano le piante officinali
Per gli hobbisti coltivare erbe spontanee e aromatiche nel proprio giardino è piuttosto semplice, perché di solito sono senza pretese e non hanno bisogno di alcuna cura o fecondazione. Ma c’è di più.
Erbe spontanee, come borragine, melissa, malva, portulaca, aglio orsino, oltre che belle sono anche buone. Molti appassionati hanno scoperto che vari ortaggi selvatici spesso hanno un aroma intenso e sono ricchi di preziosi ingredienti.
È vero che molte di queste piante si possono trovare crescendo come “erbacce” in natura, nei campi e terreni incolti, però la raccolta nel loro habitat naturale non è semplice come sembra anche perché comporta il rischio di confusione con altri piante non commestibili o velenose. Anche per questo il parere di un esperto è sempre importante.
Inoltre, molte erbe selvatiche sono contaminati da pesticidi, gas di scarico o altre sostanze che influiscono loro qualità e gusto o sono dannosi per la salute, mentre coltivare piante aromatiche selvatiche a partire dai semi è sicuro e facile!
In particolare, il settore delle piante officinali ha registrato un notevole e continuo sviluppo legato ai prodotti per la salute e il benessere. Per questo si è reso necessario un aggiornamento delle norme con un decreto legislativo riguardante la disciplina della coltivazione, della raccolta e della prima trasformazione delle piante officinali. Un intervento necessario, perché risultano 7,8 milioni gli italiani che scelgono di utilizzare piante o estratti o spezie per l’utilizzo in cucina ed il mantenimento del benessere psicofisico.
Il decreto fornisce una nuova definizione di piante officinali, prevedendo inoltre l’istituzione dei registri varietali delle specie di piante officinali, nei quali sono elencate le piante officinali ammesse alla commercializzazione e sono stabilite le modalità e le condizioni per la certificazione delle sementi; chiarisce che la coltivazione, la raccolta e la prima trasformazione delle piante officinali sono considerate a tutti gli effetti attività agricole; disciplina la raccolta spontanea, in modo da evitare il depauperamento delle aree e da favorire una maggiore conoscenza delle stesse zone, delle piante e dell’ambiente in cui si sviluppano.
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