Dal rapporto Efsa emerge che il 99,6% dei campioni alimentari europei è privo di rischi
Più del 97% dei campioni alimentari europei presenta residui di prodotti fitosanitari entro i limiti di legge. Nessun rischio a lungo termine per i consumatori e nessun rischio di alcun genere per il 99,6% dei campioni analizzati. Sono i dati positivi emersi dalla relazione annuale elaborata dall’Efsa, presentata lo scorso 12 marzo e relativa ai campioni prelevati nei punti vendita e alle dogane dei 27 paesi membri Ue nel corso del 2010 (sia di produzione locale che extra-Ue). Questo è il quarto anno che l’authority europea per la sicurezza alimentare coordina la raccolta dei dati dei programmi nazionali di monitoraggio dei residui. «Dati eterogenei – avvisa Daniela Brocca, esperta della Pesticides unit dell’authority con sede a Parma – che non vanno confrontati tra loro, ma che testimoniano la tendenza già emersa di un progressivo miglioramento o del mantenimento dello standard elevato raggiunto in ogni Paese membro». Le percentuali maggiori di superamento dell’Rma sono infatti riferite a prodotti extra Ue e i dati di alcuni Paesi come l’Olanda testimoniano l’effetto “convergenza” dei dati entro i confini Ue determinata dal processo di armonizzazione dei residui. «È emersa – spiega la ricercatrice – l’assenza di rischi di tipo cronico e la presenza di rischi solo per lo 0,4% (ossia 79 su un totale di 18.243) dei campioni, ma si tratta di condizioni estreme, ipotesi di sovra-alimentazione selettiva con i prodotti risultati più soggetti alle contaminazioni». Che nel 2010 in Europa sono state avena (5,3%), lattuga (3,4%), fragole (2,8%), pesche (1,8%). Colture minori su cui può aver pesato l’effetto delle revoche di numerose sostanze attive a causa della revisione delle registrazioni. Per la prima volta l’Efsa ha anche sperimentato un approccio innovativo della valutazione del rischio cumulativo, senza però produrre una sentenza definitiva sulla problematica del multiresiduo. «La valutazione presentata è solo volta a testare la metodologia, ma i risultati presentano un elevato grado d’incertezza». Un’incertezza che evidentemente non contagia quelle catene della gdo che continuano a imporre assurdi limiti al numero dei residui.
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