Della “famigerata” Direttiva quadro sull’uso sostenibile degli agrofarmaci (Dir. 2009/128/Ce, recepita dall’Italia con D.Lgs 150/2012) si è parlato più volte su queste pagine, per l’impatto che la sua applicazione avrà nel prossimo futuro sulle aziende agricole, in particolare per la gestione della difesa fitosanitaria.
In linea con politiche comunitarie sempre più attente alla “sicurezza” e alla “sostenibilità” anche nelle attività agricole, la Dir. 128 stabilisce un quadro normativo omogeneo per tutto il territorio europeo al fine di ridurre i rischi e l’impatto dei prodotti per la difesa sulla salute umana e sull’ambiente. Bruxelles pone particolare enfasi sui principi della “Difesa integrata”, la cui attuazione dovrà diventare obbligatoria per tutte le aziende agricole europee dal 2014, e sulle tecniche alternative all’uso dei mezzi chimici di sintesi, come la gestione biologica delle colture.
La Dir. 128 prevede che ciascuno Stato elabori un Pan (Piano d’azione nazionale), nel quale vengano esplicitati nel concreto gli obiettivi da raggiungere, le misure da adottare e gli indicatori da considerare per perseguire le finalità della norma.
In forte ritardo tutta Europa (o quasi)
Le principali azioni declinate nel Pan interesseranno:
- formazione, informazione e sensibilizzazione, in particolare degli utilizzatori professionali, dei distributori e dei consulenti ma, anche, dei consumatori;
- certificazione e controllo delle attrezzature per la distribuzione in campo dei prodotti fitosanitari;
- tutela dell’ambiente acquatico, dell’acqua potabile, delle aree naturali protette e di quelle urbane nonché la manipolazione, lo stoccaggio e lo smaltimento dei prodotti fitosanitari;
- un sistema di indicatori armonizzati a livello comunitario per il monitoraggio della corretta applicazione della normativa.
L’Italia, come spesso succede, non ha rispettato le scadenze imposte dalla Comunità europea, recependo la direttiva con oltre nove mesi di ritardo e superando la data limite dello scorso novembre per la presentazione del Pan alla Commissione europea che dovrà approvarlo.
Questa volta, però, il nostro Paese è in buona compagnia, se è vero che a oggi solo la Danimarca ha rispettato le scadenze programmate e presentato il suo Piano. Il ritardo generalizzato degli Stati europei è un chiaro indice della portata della direttiva e della sua complessità attuativa, motivi per i quali i Pan stentano a trovare la loro forma definitiva.
In Italia hanno lavorato alla redazione della bozza del Piano tre Ministeri (Ambiente, Salute e Agricoltura), oltre alle Regioni e le Province autonome, mediante un Tavolo tecnico suddiviso in quattro gruppi di lavoro (1 - Informazione e formazione; 2 - Buone pratiche di uso dei prodotti fitosanitari; 3 - Protezione delle Risorse idriche e delle aree sensibili; 4 - Difesa integrata e metodi a basso impatto ambientale).
La bozza del Pan italiano è stata presentata alla fine di novembre 2012 e, con una meritevole azione divulgativa, resa disponibile sui siti ministeriali (www.reterurale.it), per consentire a chiunque fosse interessato di prenderne visione ed esprimere osservazioni e suggerimenti di modifica al documento. Un’iniziativa che è stata un successo, visti i contributi inviati entro il 15 gennaio da circa 115 “portatori di interesse”, tra enti pubblici, enti tecnici e di ricerca, associazioni di categoria, organizzazioni professionali, associazioni ambientali e privati cittadini.
L’analisi dei vari emendamenti presentati mostra però chiaramente l’esistenza di visioni e interessi piuttosto differenti e talora contrapposti su questo argomento. La prevalenza di una parte piuttosto che dell’altra inciderà sensibilmente sulla versione finale del Pan, pur nel rispetto della norma europea, comportando semplificazioni oppure più vincoli per l’imprenditore agricolo.
Un coordinamento di associazioni ambientaliste, di produttori biologici e apicoltori sollecita, ad esempio, misure per la drastica riduzione dell’uso dei “fitofarmaci”, in particolare in aree protette ed extra-agricole e l’aumento delle superfici a biologico. Agrofarma, al contrario, precisa che l’obiettivo della Direttiva è la riduzione dei rischi connessi all’uso degli “agrofarmaci”, non direttamente correlato alla loro riduzione quantitativa. Da più parti viene fatto notare che non sempre i prodotti fitosanitari biologici hanno rischi minori di quelli chimici.
Un’altra questione aperta, evidenziata non solo da Agrofarma, è la criticità dell’indicazione per la difesa integrata volontaria di criteri di esclusione di molecole che rischiano di ridurre ulteriormente i principi attivi, rendendo impossibile una corretta gestione antiresistenza.
Anche per la formazione e la consulenza sono evidenti visioni diverse tra categorie e Ordini professionali e tra i soggetti pubblici e privati eventualmente interessati alla gestione dei corsi di formazione.
Molti dei “portatori di interesse” concordano invece sull’inopportunità che il Pan «debba definire obiettivi da perseguire attraverso il prossimo periodo di programmazione della Pac e non il contrario e cioè attendere la definizione della Pac per definire gli obiettivi del piano» (in funzione delle eventuali disponibilità economiche che, a oggi, sembrano piuttosto esigue).
La somma delle varie proposte di emendamento ha generato un documento di ben 570 pagine che si aggiunge alle 90 della bozza del Pan. Una voluminosa massa di dati che dovrà essere esaminata da un Comitato tecnico-scientifico (non ancora nominato), che dovrà presentare la versione definitiva del Pan alla Conferenza Stato-Regioni e Province autonome, per la successiva definitiva approvazione mediante Decreto congiunto dei tre Ministeri.
I vincoli della spending review
Considerate le elezioni che hanno appena rinnovato il Parlamento, che diverse Giunte regionali saranno interessate da cambi di assessori e che l’argomento non è certo dei più leggeri da affrontare, è difficile pensare che il Pan possa essere approvato in tempi brevi, nonostante le scadenze definite dalla Comunità europea impongano di attivare alcune misure tra quest’anno e l’inizio del prossimo.
Anche la sostanziale mancanza di copertura economica da parte dello Stato (il D.Lgs 150/2012 recita “Dall'attuazione delle disposizioni del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono all'adempimento dei compiti derivanti dal presente decreto con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente”) e il generale clima di ristrettezze imposto alle Regioni dalla spending review non saranno certo di aiuto per la realizzazione o il potenziamento di quei servizi necessari all’applicazione della direttiva che il decreto affida alle Regioni.
Ma il processo è avviato e indietro non si torna. E l’Italia ha già attivato da tempo alcune misure che sono invece totalmente nuove per altri Stati europei, come il “patentino” per i prodotti fitosanitari, il “registro dei trattamenti”, il controllo e la taratura delle irroratrici, un sistema certificato di produzione integrata e biologica su base volontaria. Non mancano, inoltre, alcune positive esperienze private e pubbliche di gestione di servizi comprensoriali a supporto della difesa delle colture.
Nel prossimo futuro sarà necessario uno sforzo coordinato di tutti gli attori della filiera agricola affinché l’applicazione della nuova Direttiva non si traduca in un ulteriore aumento di costi e di burocratizzazione per le aziende agricole, ma rappresenti per loro un’opportunità di innovazione e di qualificazione.