Prima della Seconda guerra mondiale, negli Usa (ma anche in Italia) quasi tutti i gatti vivevano più all’esterno delle case che all’interno e normalmente facevano i loro bisogni nel cortile, in giardino o dove capitava in esterni. Per quei pochi che vivevano chiusi in casa, si ponevano piccole casse con sabbia o con la cenere della stufa. Nel Dopoguerra, a un ex marinaio di nome Ed Lowe venne in mente di utilizzare un’argilla assorbente usata per la pulizia dei residui industriali nelle fabbriche di guerra. Nacque così la prima lettiera per gatti denominata Kitty Litter, che permetteva un miglior controllo degli odori.
Poi, fino a 40 anni fa, il micio di casa italiana faceva pipì nella primissima sepiolite, roccia candida commercializzata in granelli grossi e irregolari che potevano anche ferire i polpastrelli e che comunque non avevano un particolare potere assorbente. Pulire la lettiera dopo più di 24 ore si trasformava in un supplizio puzzolente di granelli che rotolavano nella cassettina e sul pavimento, a cui seguiva un’accurata detersione anche della palettina utilizzata e regolarmente imbrattata di mota appiccicosa. La permanenza della sepiolite per più di una giornata, specialmente in estate, scatenava inoltre un insopportabile olezzo negli ambienti domestici.
Seguì, verso la metà degli anni 80, l’arrivo nel mercato della bentonite, un’altra roccia, stavolta di colore grigio o marroncino, in grado di “fare la palla”, cioè di aggolomerarsi, una volta inumidita di urina, permettendo di togliere con un’unica palettata il blocco di sabbia sporca. Il glomere, fra l’altro, trattiene maggiormente l’odore di urea al suo interno, limitando così le emissioni fastidiose.
Dal nuovo millennio, con l’introduzione commerciale del silica gel, il prodotto “lettiera” ha letteralmente spiazzato per la velocità di proposta di continue soluzioni innovative, tanto che ora c’è veramente l’imbarazzo della scelta, sia da parte del consumatore, ma anche da parte del rivenditore. Coinvolgendo, fra l’altro, anche aspetti etico-ambientali, relativi alla sostenibilità ecologica, viste le quantità utilizzate. Fermo restando che sarà poi l’utilizzatore finale, cioè il gatto, a dire l’ultima parola…
La lettiera minerale
Indipendentemente dalla natura minerale, le lettiere dovrebbero avere granelli piccoli, molto più gradite dal gatto sia per il contatto con i polpastrelli, sia per la plasmabilità durante lo scavo preparatorio alle deiezioni.
Le componenti rocciose più utilizzate sono l’argilla, il calcare, la sepiolite, l’urasite, l’attapulgite (quella rosa è attualmente di gran moda) e la bentonite. Tranne quest’ultima (i cui granelli più sottili si sciolgono nell’urina e si solidificano in un solo blocco), sono tutti materiali non agglomeranti. Si ricavano tutte da cave naturali, ponendo quindi un problema di salvaguardia dell’ambiente. Hanno un peso e possono essere anche molto polverose, nuocendo alla salute del gatto (e dell’umano che versa la sabbia ogni giorno).
In genere assorbono bene l’urina, trattenendo discretamente anche gli odori: alcune vengono proposte con una durata di 7 e perfino 30 giorni (con un gatto solo!). Possono essere addizionate di profumo, che è gradito agli umani ma più suscitare un netto rifiuto da parte del gatto.
La bentonite permette di risparmiare tempo (la pulizia è più rapida) e denaro (non si deve cambiare tutta la sabbia, ma solo rimuovere la “palla” di quella usata): questo giustifica il prezzo di vendita leggermente più alto di quella non agglomerante.
È una lettiera minerale anche quella in silicio, avente l’aspetto di un sale grosso candido, i cui cristalli (se non sono stati smerigliati) possono infastidire con gli spigoli i polpastrelli del gatto. Non fa polvere, ma può generare allergie nel micio.
L’assorbenza è eccezionale, tanto da poter durare per 3-7-30 giorni, sempre con un gatto solo, ma tenendo presente che quando i cristalli si saturano (diventano gialli) non assorbono più e il liquido rimarrà sul fondo della cassetta. Anche gli odori rimangono intrappolati finché la lettiera assorbe. Il sacco è leggerissimo, ma il prezzo è molto elevato: bisogna spiegare al cliente che la durata è molto maggiore. A fine ciclo, bisogna eliminare tutta la silice e lavare la cassetta.
La lettiera organica
I materiali ecologici sono nati per ridurre l’impatto ambientale delle lettiere minerali e per riutilizzare materiali altrimenti di scarto. Per esempio, carta riciclata, scarti della coltivazione del mais (tutoli, chicchi, stoppie e paglia) e dell’orzo (glume che avvolgono i chicchi, culmi), trucioli di legno di pino e abete. Materiali a costo zero che si possono poi smaltire nel wc o nell’umido secondo il regolamento comunale: il rivenditore è bene che legga le caratteristiche in etichetta, in modo da poter spiegare subito al cliente dove e come eliminare queste tipologie di sabbia.
Sono lettiere molto assorbenti, mediamente agglomeranti (non fanno una palla dura), con buona capacità di trattenere gli odori. Sono leggerissime e relativamente poco costose, anche se vanno pulite e aggiuntate ogni giorno. Quelle a base di orzo o mais possono essere mangiate dal gatto: è bene che il cliente lo sappia, perché non sono tossiche, ma possono provocare disturbi gastrointestinali da abrasione.
Gli aspetti pratici
Infine, due considerazioni su aspetti squisitamente pratici. Ultimamente le sabbie minerali vengono commercializzate prevalentemente in sacchi da 10 l, di sicuro più economici rispetto a taglie inferiori, ma pesantissimi da trasportare e difficoltosi da maneggiare nello svuotamento finché la quantità non si riduce. Quindi è bene offrire almeno una referenza di lettiera minerale in sacco da 5-6 l, il cui utilizzo è sicuramente più agevole, per es. per le persone anziane.
Anche l’apertura del sacco può risultare complessa: quelli in plastica si tagliano con le forbici, quelli in carta possono essere muniti di cordino da sfilare, di linguetta da tirare oppure di… niente, nel qual caso non resta che tagliare completamente il sacco, maniglie incluse, rendendo poi difficile lo svuotamento. Nella scelta delle referenze, valutate anche questo aspetto.
Leggi l’articolo su AgriCommercio & Garden Center n. 2/2018
Dall’edicola digitale al perché abbonarsi