Si sta consolidando la società Consorzi Agrari d’Italia, nata come srl e poi trasformata, con una operazione societaria in corso di omologazione, in spa, alla quale si affianca la società Consorzi Agrari d’Italia Real Estate srl. Le due società accolgono nel loro capitale sociale i rami d’azienda operativi dei Consorzi Agrari (Cai spa) e i rami immobiliari degli stessi (Cai Real Estate spa).
L’operazione è stata realizzata con il conferimento a Bonifiche Ferraresi del capitale dei rami d’azienda di quattro Consorzi Agrari (Consorzio dell’Emilia, Consorzio Adriatico, Consorzio del Centro Sud e Consorzio del Tirreno), ma ha l’obiettivo di attirare probabilmente nel proprio ambito, anche gli altri Consorzi.
Cooperativa o struttura capitalistica?
Il sistema Consorzi Agrari assume così due diverse dimensioni. Vicino alle cooperative così si sviluppa un sistema fondato su logiche capitalistiche, gestito da una holding di società di capitali, con lo scopo, naturale, di produrre utili a favore dei propri azionisti, fra i quali i Consorzi Agrari che, a fronte del conferimento delle proprie aziende e dei propri immobili, hanno ricevuto un pacchetto azionario, nella fiducia della produzione e distribuzione degli utili.
Non sono mancate perplessità su questa rivoluzione, per parlare della quale – e non solo - il 27 settembre scorso, nella cornice dell’Hotel Sporting di Rimini si è svolta l’annuale assemblea di Ansacap, la federazione nella quale si riconoscono i sindacati degli agenti dei Consorzi Agrari di tutta Italia. Quarantasette presenti, in rappresentanza di diciotto sindacati provinciali.
Un apporto professionale importante
«L’attività degli agenti ha da sempre consentito ai Consorzi Agrari di assolvere ai propri scopi mutualistici, con il contatto quotidiano con i soci cooperatori, ai quali hanno sempre portato non solo prodotti utili, ma anche cultura professionale e associativa – afferma Daniele Graziani, presidente di Ansacap per il prossimo triennio -. La neonata organizzazione capitalistica non potrà prescindere da questo apporto professionale, il cui rapporto umano e fiduciario con l’agricoltore rappresenta le fondamenta della presenza del Consorzio nelle campagne, dalla nascita dei Consorzi. E, come si sa, le case si costruiscono dalle fondamenta».
Una nuova impronta
«Da un anno a questa parte – aggiunge Paolo Zangarini, segretario di Ansacap - abbiamo assistito a una profonda modifica dell’assetto dei Consorzi: i direttori delle quattro strutture, hanno dato immediatamente una nuova impronta facendo capire che del Consorzio Agrario sarebbe rimasto solo il nome».
La preoccupazione di Graziani è che queste modifiche così repentine possano far spostare i riflettori dal lavoro degli agenti dei Cap ad altri servizi per l’agricoltura. «Dopo 32 anni di servizio al Consorzio Agrario, prima di Bologna, poi interprovinciale di Bologna e Modena, poi con Reggio Emilia divenuto Caemilia e infine all’unificazione di Ferrara – spiega Graziani -, l’insieme delle quattro provincie ha fatto arrivare l’azienda a fatturati di tutto rispetto, quasi 250 milioni di euro, ma le persone sul territorio sono sempre le stesse».
«La passione non ci manca»
«Adesso dobbiamo cambiare pelle – conclude Graziani –, dobbiamo trovare un minimo comune denominatore, fare un censimento di quanti colleghi rappresentiamo in tutta Italia e trovare il punto di incontro con l’azienda mandante, oppure tornare a dialogare con Assocap, se la stessa associazione identificherà tutti i Consorzi Agrari. Noi rappresentiamo gli agenti, con o senza deposito, assicurativi, venditori macchine ecc., tutti colleghi a partita iva che, quando si alzano alla mattina per andare a lavorare, non hanno la certezza del fine mese, ma continuiamo a fare questo lavoro con la passione del primo giorno, a fianco all’agricoltore che ha sempre creduto in noi per tutti i raccolti fatti fino ad oggi».