La “bolla” dei concimi

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Stiamo assistendo a una proliferazione di esperti del mercato dei fertilizzanti. Articoli su quotidiani, commenti sui social, interventi radiofonici, persino qualche video su YouTube. Giornalisti (e non solo) ne parlano, incredibilmente, con grande disinvoltura…

Ci siamo ormai abituati ad articoli, generalmente in cronaca (nera), dove spesso si confondevano i fertilizzanti con i fitosanitari oppure dove si parlava dell’ennesimo scandalo legato allo smaltimento illecito di rifiuti. Persino le relazioni della Repressione frodi del Ministero dell’agricoltura hanno sempre posto l’accento sulle cose meno nobili del settore per dipingerlo come uno dei comparti caratterizzati da frodi ed illeciti in misura maggiore di altri. Per non parlare delle trasmissioni televisive in cui quasi si percepiva l’odore di marcio dei fertilizzanti.

Dissertazioni poco credibili

A onor del vero, sempre fino a qualche tempo fa, anche coloro i quali avrebbero potuto (dovuto) parlare bene dei concimi si sono lasciati prendere la mano e hanno incentrato le loro dissertazioni praticamente in maniera monotematica e poco credibile: tra poco saremo 9 miliardi di persone e solo grazie ai concimi si riuscirà a dar da mangiare a tutti. Né possiamo fare a meno di citare il mondo scientifico e la casta dei politici i cui interventi sul settore sembravano tutti originare dalla scelta delle parole chiave che, si sapeva, avrebbero attirato lettori e consensi. Non ci sono stati interventi da parte di politici nè pubblicazioni scientifiche, in cui sono mancate una o più delle seguenti parole: sostenibilità, Green Deal, economia circolare, Farm to Fork, agricoltura biologica, biodinamica, resilienza.

Impennata dei costi energetici

Verso settembre c’è stata la svolta, sono stati accantonati i concetti triti e ritriti sopra elencati ed abbiamo tutti scoperto che per produrre i concimi azotati occorre energia oppure (udite, udite) che la produzione di fosforo e potassio è legata all’estrazione di minerali. Ci siamo recati a fare metano ed abbiamo trovato il prezzo raddoppiato, volevamo ordinare un pannello solare e ci hanno detto che occorrevano tre mesi per averlo perché non c’erano i minerali per farlo. Da quel momento siamo tutti diventati esperti dei mercati di concime e sono proliferati i tuttologi del fertilizzante anche perché, anche questo inaspettatamente, si è capito che se gli agricoltori avessero speso il doppio o il triplo per comprare i concimi, ci sarebbero state delle ricadute anche sul valore delle produzioni agricole e che pasta, pane, biscotti, verdure e carne sarebbero aumentati di prezzo.

Effetti della globalizzazione

pnrr opportunitàQuando, poi, alcuni impianti europei in cui si producono concimi hanno chiuso, qualche produttore del Regno Unito ha beneficiato di aiuti di stato (nella UE non si può fare), le organizzazioni dei produttori agricoli hanno ricevuto qualche lamentela in merito al caro-concimi, allora è iniziata la gara a chi ne sapeva di più. I mercati dei prodotti di largo consumo sono stati analizzati, le dinamiche macro- e micro-economiche sono diventate oggetto di studio, qualcuno ha scoperto che nel 2008 si erano già raggiunti prezzi record per molti concimi, sono state ipotizzate scelte autarchiche e politiche di ammasso a livello Ue. Si è scoperto che globalizzazione significa anche che se la Cina non esporta concimi e gli agricoltori indiani ricevono sussidi per poterli acquistare, qualcosa accade anche in Italia. Non pochi addetti ai lavori hanno ipotizzato che gli agricoltori italiani sarebbero rimasti senza concimi e che i danni sarebbero stati duraturi.

Visione in ottica miope

Non ci sembra di aver letto interviste ad agricoltori (quelli che non avrebbero potuto concimare per mancanza di prodotto) né a produttori (che hanno persino esportato) o ad importatori (che hanno continuato a far giungere merce in Italia). Nessuno è andato a studiare i numeri sulle movimentazioni nei porti per scoprire, ad esempio, che Ravenna ha segnato un +8,6% rispetto ai primi dieci mesi del 2020. Diciamo che, ancora una volta, il desiderio di apparire e di essere al centro dell’attenzione ha avuto il sopravvento sul dovere di dare un’informazione onesta e corretta; si è persa l’occasione per parlare dei concimi in maniera costruttiva e con visioni di medio-lungo termine. Si sarebbero potute fare riflessioni proprio su Green Deal e Farm to Fork per comprenderne la fragilità economico-commerciale e rendersi conto che temi così strategici ed importanti non possono essere lasciati solo al sentimento del politico di turno che cavalca l’onda pseudo-ambientalista.

Acquisti al momento giusto

Le organizzazioni professionali degli imprenditori agricoli potrebbero approfittare per avviare una campagna di sensibilizzazione sugli acquisti anticipati come avviene, da sempre, in Gran Bretagna o in Francia così come avrebbero potuto tenere sotto osservazione gli indici dei prezzi (vedi grafico sopra) per accorgersi, ad esempio, che l’andamento del valore dell’azoto già la scorsa primavera si discostava dalla media. Le associazioni dei produttori avrebbero interesse ad impostare (quando possibile) campagne con prezzi predeterminati volti a scoraggiare l’acquisto dell’ultimo minuto. La bolla non è ancora finita, anche se non si gonfia più con la stessa velocità quindi qualcosa si può ancora fare prima che i concimi tornino nell’oblio dei luoghi comuni e del politicamente corretto che ci hanno davvero stufato.

La “bolla” dei concimi - Ultima modifica: 2021-12-16T18:00:54+01:00 da Alessandro Maresca

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