Da diversi anni le importazioni italiane di fertilizzanti sono composte per circa due terzi del loro valore complessivo da quattro prodotti principali: urea, cloruro di potassio (Mop), composti NPK e Dap.
Tale ruolo predominante si è mantenuto nonostante il calo tendenziale delle quantità importate che li ha accomunati (fig.1); nell’ultimo decennio, infatti, se l’import dell’urea è sceso di circa il 30%, passando da oltre un milione di tonnellate a 750mila, e quello del MOP del 33%, con una riduzione di circa 130mila tonnellate, la contrazione delle importazioni dei due concimi composti ha superato abbondantemente il 50%.
Nell’ultima campagna, ovvero tra luglio 2011 e giugno 2012, le imporrtazioni di urea ed NPK hanno toccato il minimo storico degli ultimi quindici anni, mentre i quantitativi di Mop e Dap sono risultati superiori soltanto a quelli del 2008-09, annata caratterizzata dall’impennata dei prezzi internazionali.
I flussi d’importazione di questi quattro prodotti leader, per altro, appaiono molto differenziati in termini sia di fornitori attuali che di evoluzione nel tempo, pur essendo tutti sostanzialmente circoscritti all’area europea e del bacino del Mediterraneo.
Urea
Nell’ultima campagna un primo cambiamento rilevante ha riguardato l’urea (fig. 2) che, a fronte della riduzione del 16% dei quantitativi importati, ha visto la scomparsa del prodotto di provenienza libica (che nel 2010-11 era pari all’8% del totale) e la netta contrazione di quello egiziano (pressoché dimezzato) tale da ridurne la quota relativa dal 43 al 25%. Oltre ad un certo incremento della quota di provenienza comunitaria, salita complessivamente dal 21 al 28%, grazie soprattutto al prodotto di origine rumena, e rimanendo sostanzialmente immutata la quota russa (6%), la novità è sicuramente costituita dall’aumento del flusso di provenienza ucraina, quasi raddoppiato, che ha portato la relativa quota dal 15 al 35% del totale.
I flussi di urea di origine russo-ucraina sono così arrivati a superare complessivamente il 40% del totale, riportando questa area di produzione, sia pure con quantitativi inferiori, alla posizione di leadership detenuta all’inizio dello scorso decennio, quando la quota di mercato all’importazione era pari al 37%, mentre quella di prodotto egiziano superava di poco il 12% e quella della restante area europea si aggirava intorno al 23%.
A metà dello scorso decennio il quadro risultava, invece, caratterizzato da tre flussi quasi equivalenti: russo-ucraino, 30% del totale, Egitto, 29%, e Ue, 30%; tale situazione, simile a quella attuale, derivò anche allora dalla netta contrazione degli afflussi di urea dalla Libia, scesi dal 20% di inizio decennio a meno del 4%.
Il mercato italiano rappresenta una quota pressoché irrilevante per quanto riguarda il prodotto di origine russa, meno dell’1% nel 2011-12, mentre arriva a circa il 7% per quello egiziano e ucraino. In particolare l’Italia è il quarto cliente dell’Ucraina, dopo Brasile, Etiopia e Turchia, e il sesto dell’Egitto, dopo Usa, Brasile, Francia, Belgio e Spagna.
Dap
L’area nord-africana (Tunisia e Marocco) rimane leader con il 70% delle 212mila tonnellate di Dap (fig. 3) affluite in Italia tra il luglio 2011 e il giugno 2012, ma con una perdita secca di circa quindici punti percentuali rispetto alla campagna precedente, totalmente attribuibile agli scambi con il Marocco. In crescita sono risultate le importazioni turche (salite dall’8,5 al 12%), mentre il vero dato nuovo, oltre alla scomparsa di prodotto di altra origine Ue, è costituito dall’afflusso di prodotto lituano e russo (totalmente assente nel 2010-11), con quote pari rispettivamente al 9 e al 6%.
In realtà si tratta di un ritorno poiché all’inizio dello scorso decennio la Russia forniva circa il 9% delle importazioni italiane di Dap, mentre la Lituania ne controllava un altro 5%; a metà dello scorso decennio tali flussi erano pressoché scomparsi, mentre in un mercato già in calo del 25% risultava in crescita la quota di prodotto tunisino, salita dal 48 al 59%, e quella di origine marocchina si manteneva intorno al 35%.
Per quanto riguarda la Tunisia, data la vicinanza geografica e i ridotti costi di trasporto che ne conseguono, l’Italia è il secondo mercato, con quota pari al 20% nel 2011, preceduto solo da quello turco. Nel caso del Marocco, invece, il nostro mercato rappresenta meno del 4% delle esportazioni, con quantitativi molto distanti da quelli fatti segnare dall’India, paese in cui affluisce circa un terzo dell’export marocchino, e inferiori anche a quelli di Bangla Desh, Brasile, Francia, Argentina, Usa e Pakistan.
Mop
Nel caso del muriato di potassio (Mop) il calo delle importazioni nell’ultima campagna (fig. 4) è stato particolarmente consistente (20%), mentre si è rafforzata la provenienza russo-bielorussa, superiore al 33%, con un incremento in particolare della quota relativa alla Bielorussia. Il prodotto di origine comunitaria è sceso dal 40 al 30%, pur se la Germania ha mantenuto la propria quota pari a circa un quarto delle importazioni, mentre l’area del Mar Morto, pur con una riduzione dei quantitativi esportati in Italia, ha visto crescere la propria importanza relativa passando dal 30 al 33% (25% Israele e 8% Giordania). Da segnalare inoltre il ritorno del Canada tra i fornitori diretti, sia pure con una quota ancora ridotta al 3%.
All’inizio dello scorso decennio, infatti, il Canada deteneva una quota pari al 18% delle importazioni italiane, poi scesa al 5% a metà decennio, mentre il prodotto russo-bielorusso, ovvero dell’altro grande polo produttivo mondiale, era totalmente assente, iniziando a presentarsi solo a metà decennio, con una quota comunque ridotta ad appena il 4%. La leadership tra i fornitori spettava a Israele e Germania che complessivamente si spartivano quasi equamente oltre il 50% del mercato italiano all’inizio del decennio, arrivando a circa il 70% a metà decennio. Quote intorno tra l’8 e il 10% erano detenute da Giordania e Spagna, mentre risultava significativa anche l’affluenza di prodotto inglese.
L’Italia rappresenta comunque un mercato secondario per tutti i nostri principali fornitori; nel 2011 infatti la quota di esportazioni dirette in Italia è risultata compresa tra il 2,5% della Germania e lo 0,5% della Bielorussia, mentre nel caso di Israele e Giordania non ha superato, rispettivamente, le soglie del 2% e dell’1%.
NPK
A differenza degli altri tre prodotti leader, per i composti NPK (fig. 5) permane, invece, l’assoluto predominio del prodotto di provenienza europea, con una quota complessiva di origine comunitaria che si mantiene superiore all’80% e con il ruolo prevalente svolto da Belgio (42%), Germania (20%) e Olanda (9%). Tra i paesi europei extracomunitari (cui spetta complessivamente un altro 15 % circa) si distingue il ruolo della Croazia (9%).
In questo caso, trattandosi di un prodotto di composizione variabile e comunque derivato da lavorazioni di materie prime di provenienza diversa, risulta perciò evidente come i flussi di importazione siano determinati in larga parte dalla prossimità dei potenziali fornitori e dal contenimento dei costi di trasporto.
Prospettive di mercato
L’evoluzione più recente del mercato all’importazione dei quattro prodotti leader conferma come nel caso italiano i quantitativi relativamente ridotti e in progressivo calo favoriscano la provenienza da aree di produzione vicine, in grado di garantire il contenimento dei costi di trasporto. Il fattore nuovo è costituito sicuramente dall’aumento del peso relativo di prodotto proveniente dall’area ex-Urss (Russia, Bielorussia, Ucraina, Lituania), in parte favorito dalle conseguenze derivate dagli sconvolgimenti istituzionali ed economici conseguenti alla cosiddetta “primavera araba” che ha interessato alcuni tra i nostri tradizionali fornitori (Tunisia, Egitto e Libia). Le prospettive future derivano quindi in buona parte dal riassesto delle capacità produttive e commerciali di questi paesi, ma anche dalla competizione sui mercati dei paesi emergenti (India e Brasile in particolare) che ha ridotto in modo consistente l’afflusso di prodotto (Dap) dal Marocco.
* L’autore è del Dipartimento di Economia, management e metodi quantitativi – Università di Milano
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