La ricetta giusta per un garden vincente? Una linea ben precisa (come quella biologica oppure di servizi manutentivi) o, dall’altra parte, un’amplissima varietà di offerta multifunzionale (tra corsi e attività parallele come il bbq- barbeque), possono essere due modalità di interpretare il garden. A tutto questo va aggiunto una buona dose di emozioni suscitate nel cliente, uno spruzzo abbondante di empatia, q.b. di etica del lavoro. Infine si annaffia con una generosa e concreta presenza in internet!
Questo è il “piatto cucinato” in occasione dell’ultimo congresso Aicg (Associazione italiana centri di giardinaggio) svoltosi nel gennaio scorso a Venezia Mestre. Ai “fornelli” c’erano “chef” del marketing verde del calibro di Sue Allen, ex presidente Igca (International Garden Centre Association) e Gca (Garden Centre Association), Frank Van Der Heide, direttore Associazione olandese centri giardinaggio, Paolo Guaitani, partner formatore di The Vortex, società specializzata in marketing digitale, Filippo Pizzoni, paesaggista, e molti altri.
Forze e debolezze
Il convegno, intitolato “Le nuove rotte del web. Arte, natura e web”, è stato un momento di confronto molto interessante e proficuo, con il preciso obiettivo di “dare la sveglia” alla “bella addormentata”, ossia il mondo dei garden center italiani.
Sì, perché all’estero sono ancora avanti anni luce rispetto all’orizzonte italico. Basti pensare al famosissimo garden center di Sue Allen che rappresenta un modello quasi raggiunto solo da pochissime eccellenze in Italia.
E proprio Allen, in collaborazione con Sandro Rottin, con una buona vena d’umorismo ha fatto seriamente riflettere la platea – composta da oltre 200 gardenisti italiani – esponendo i risultati del “giro conoscitivo/ispettivo” da lei effettuato nella primavera dello scorso anno in una decina fra i maggiori garden center italiani.
Molti gli exploit positivi: la carta fedeltà che porta il cliente a spendere di più, l’allestimento fiorito già nel parcheggio per accogliere positivamente il cliente, l’eccellente reparto food ben esposto e definito, il tocco femminile dell’esercizio gestito da una donna, le ricette abbinate alle piante aromatiche, il biologico “gridato ai 4 venti” per farlo ben individuare dal cliente, la “specializzazione” nel bbq con annessi corsi di cucina, il punto ristoro che rappresenta una grossa fetta del business aziendale, gli allestimenti giocoso/emozionali che fanno divertire il cliente, l’amoroso angolo per la Festa della mamma, il parcheggio riservato alle donne incinte ecc.
Altrettanti (e pesanti) quelli negativi: garden difficili da individuare e raggiungere, parcheggi disorganizzati e/o trascurati, ingressi trasandati e/o poco visibili, entrate con allestimenti confusi, esterni trascurati, mancanza di percorsi segnalati, piante moribonde o “datate” e invendibili, eccessivi stock di magazzino, sporcizia e/o disordine, cartellonistica assente o confusa, personale incompetente o scostante ecc.
Pesanti perché, se è vero che la perfezione estetica non assicura il fatturato, è altrettanto vero che l’inefficienza assicura la rovina…
Perché, come ha sottolineato Claudio Casiraghi, consulente aziendale internazionale e docente del master in Business Selffix, a monte della “perfezione” delle azioni e degli investimenti – che è fredda e impersonale – deve esistere un’etica del lavoro in ogni impresa, che deve cooperare con l’ambiente perché fa parte del tessuto sociale. L’etica serve a far percepire al cliente il valore dell’azienda, del quale il cliente stesso, acquistando, entra a far parte. Avere una reputazione eticamente corretta regala un valore aggiunto che oggi è molto apprezzato dai consumatori (il 68% è influenzato dall’eticità di un’azienda e il 26% è addirittura molto attento all’eticità; dati Osservatorio Socialis, luglio 2016). Lavorare in maniera eticamente corretta non costa di più in termini economici, ma richiede un investimento mentale e psicologico nei confronti di se stessi per primi, e via a scendere verso tutti i dipendenti e collaboratori.
Settori fisici e web
Certamente rimane necessario abbracciare una linea commerciale ben precisa, che oggi può essere, secondo quanto esposto da Frank Van Der Heide, direttore dell’Associazione olandese centri giardinaggio, di tre tipi: il Greencenter, che pensa alle prossime generazioni con iniziative didattiche per i bambini e con prodotti esclusivamente biologici; il Greenexperience Center, che spinge sulla multifunzionalità proponendosi come centro completo (di bar, ristorante, negozio alimentare, bbq, punto giochi, punto veterinario, servizi per il verde ecc.); e l’Online Gardencenter, con il quale si interagisce via web offrendo però la possibilità di visionare il prodotto scelto ed eventualmente di ritirarlo nel punto vendita.
Proprio il web è il mondo rispetto al quale oggi nessun esercizio commerciale specialistico può dichiararsi esente, ha affermato Paolo Guaitani, partner formatore di The Vortex, società di consulenza per il marketing digitale. A partire dalla presenza su Google: con 22 milioni di ingressi in internet al giorno nella sola Italia, numerosi sono gli accessi al più famoso motore di ricerca, che in automatico fa apparire l’esistenza dell’esercizio commerciale. Sta al titolare completarne la presenza con i dati fondamentali per l’utente: telefono, mail, indirizzo, mappa, orari e giorni d’apertura. Tutti dati che richiedono pochi minuti per l’inserimento, ma portano un buon ritorno di clienti. Se poi i minuti sono di più, vale la pena di investirli nella creazione di un buon sito web aziendale, ottimizzato anche per smartphone e tablet, veloce da caricare e agile da guardare ma completo delle informazioni cercate dal cliente: assortimento merceologico, marche, iniziative ed eventi, sconti e promozioni ecc.
Leggi l’articolo completo di box e grafico su AgriCommercio & Garden Center n. 2/2017
L’edicola di AgriCommercio & Garden Center