Nell’arco di pochi decenni la Comunità europea è diventata sempre più attenta alla sicurezza nutrizionale e ambientale dei prodotti e dell’attività agricola.
Di conseguenza anche la difesa fitosanitaria delle colture, essenzialmente basata sull’uso di prodotti chimici di sintesi a partire dagli anni ‘50 del secolo scorso, ha subìto profonde modifiche e una regolamentazione sempre più restrittiva, finalizzata alla tutela dell’agroecosistema e della salute dell’uomo.
In questo contesto, alla fine degli anni ‘80, sono nate le prime esperienze di difesa integrata (Ipm, Integrated pest management) in alcune regioni italiane, ma è solo con l’introduzione dei programmi agroambientali da parte della Comunità europea (Mis. A1 del Reg. Cee 2078/92 e successivi) che la difesa integrata inizia ad affermarsi e a codificarsi grazie alla redazione di norme tecniche e di disciplinari di produzione regionali che le aziende si impegnavano ad applicare in un regime di premialità.
VERSO MEZZI ALTERNATIVI
Nel 2009 la Ce ha emanato nuove importanti normative. Tra queste, la Direttiva 128/2009 ha stabilito per tutto il territorio europeo un quadro normativo per un uso sostenibile dei pesticidi, al fine di ridurne i rischi e l’impatto sulla salute umana e sull’ambiente, promuovendo l’uso della difesa integrata o di alternative ai mezzi chimici di sintesi come la gestione biologica delle colture.
La Dir. 128/2009 prevede che ciascuno Stato elabori entro la fine del 2012 un Pan (Piano di azione nazionale), dove vengano esplicitate le misure da adottare per perseguire le finalità della Direttiva. Una prima bozza del Pan italiano è stata pubblicata a fine 2010.
Sulla base delle segnalazioni e dei suggerimenti emersi, quattro gruppi di lavoro nazionali (Informazione e formazione; Buone pratiche di uso dei prodotti fitosanitari; Protezione delle risorse idriche e delle aree sensibili; Difesa integrata e metodi a basso impatto ambientale) stanno ora lavorando alla revisione della bozza del Pan che, presumibilmente, sarà presentato entro aprile 2012 per essere approvato dall’Italia e trasmesso alla Commissione europea a fine novembre di quest’anno.
LA PROPOSTA DI ADEGUAMENTO ITALIANA
Le principali azioni previste, con l’obiettivo generale della sostenibilità dell’uso dei prodotti fitosanitari, interesseranno:
- la formazione, l’informazione e la sensibilizzazione, in particolare degli utilizzatori professionali, dei distributori e dei consulenti ma, anche, dei consumatori;
- la certificazione e il controllo delle attrezzature per la distribuzione in campo dei prodotti fitosanitari;
- la tutela dell’ambiente acquatico, dell’acqua potabile, delle aree naturali protette e di quelle urbane, nonché la manipolazione, lo stoccaggio e lo smaltimento dei prodotti fitosanitari;
- un sistema d’indicatori armonizzati a livello comunitario per il monitoraggio della corretta applicazione della direttiva.
Non è stata invece accolta la proposta, avanzata dall’Ordine degli Agronomi, di introdurre la ricettazione o prescrizione dei prodotti fitosanitari da parte di figure professionali qualificate, in analogia a quanto avviene per i farmaci umani e veterinari. Il Piano prevede solo una maggiore qualificazione dei venditori e degli utilizzatori di fitofarmaci.
Un ruolo di rilievo, invece, è assegnato alla difesa integrata o Ipm. La direttiva, infatti, impone che dal 1° gennaio 2014 l’applicazione dei principi della difesa integrata divenga da facoltativa a obbligatoria per tutte le aziende agricole.
In particolare sono previsti due livelli di difesa integrata. Il primo (facoltativo e sostenuto probabilmente da un regime di premialità) sostanzialmente riprende l’impostazione delle misure agroambientali dei Piani di sviluppo regionali (rispetto di disciplinari di produzione, con limitazione delle sostanze attive disponibili e del loro uso).
L’altro livello sarà obbligatorio e interesserà tutte le aziende agricole, che dovranno applicare delle prescrizioni di base (es. il controllo periodico delle macchine irroratrici e l’aggiornamento professionale). Per il livello obbligatorio non si prevede che ci siano limitazioni all’uso dei prodotti fitosanitari in commercio che, comunque, dovranno essere utilizzati secondo i principi della difesa integrata declinati nell’allegato III della direttiva (vedi riquadro sopra).
Ma, se da un lato tutte le aziende agricole saranno obbligate a una gestione integrata della difesa fitosanitaria, dall’altro la direttiva impone alle amministrazioni territoriali (le singole Regioni, nel caso dell’Italia) di mettere a disposizione delle aziende degli strumenti fondamentali per la corretta applicazione dei principi e dei mezzi per la difesa integrata e che non possono essere gestiti dalla singola azienda.
Tra gli strumenti che le Regioni dovranno realizzare o potenziare rientrano, ad esempio, la formazione degli operatori, la redazione di linee guida e norme tecniche di produzione integrata, il monitoraggio comprensoriale agrometeorologico e fitosanitario, la gestione di servizi di supporto alle decisioni come i modelli epidemiologici e i servizi di previsione e avvertimento, la redazione di bollettini fitosanitari, ecc .(vedi il box a pag. 40 in alto).
Sulla gestione integrata della difesa fitosanitaria, di base o avanzata, l’agricoltura italiana non è certo impreparata, soprattutto nel settore dell’ortofrutta, anche se esistono differenze marcate tra le varie realtà agricole. Alcune prescrizioni della Direttiva sono già in vigore, come ad esempio il patentino per l’acquisto e l’uso di prodotti fitosanitari, il registro dei trattamenti, il controllo e la taratura su base volontaria delle irroratrici e un sistema ben strutturato di redazione e aggiornamento di norme tecniche (esiste un apposito Comitato nazionale) e di disciplinari regionali o di linee di produzione e commercializzazione private (es. Global Gap). È, infine, relativamente recente l’istituzione da parte del Mipaaf di un “Sistema di qualità nazionale di produzione integrata” che certificherà i prodotti ortofrutticoli italiani ottenuti attraverso questa metodologia di produzione.
Esistono quindi buoni presupposti affinché l’applicazione della nuova direttiva non si traduca in un semplice aumento dei costi (a scapito della competitività) e della burocratizzazione per le aziende agricole. Sarà però essenziale nei prossimi anni riorganizzare e dare impulso a Servizi pubblici e privati che, su base regionale, possano supportare con efficacia le aziende nelle corretta gestione fitosanitaria delle colture. Per il momento, però, non sembra che la maggior parte delle Regioni stia procedendo in questa direzione. n
(*) L’autore è responsabile del Servizio difesa integrata, Alsia, Basilicata.
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