Che i prodotti fitosanitari siano diventati il mostro da gettare in prima pagina ce ne siamo accorti da lungo tempo, ma che questo sia in gran parte una questione demagogica è altrettanto palese.
La preoccupazione non è il rischio reale e la sua valutazione insita nell’impiego dei prodotti fitosanitari, rischio che riguarda tutto quanto viene immesso nell’ambiente o venga a contatto dei consumatori, sia esso di sintesi o di origine naturale, ma ciò che preoccupa è la presenza o meno di un fitosanitario in quanto tale.
Il problema è che l’atteggiamento pregiudiziale che contamina la politica, più attenta agli umori del pubblica piuttosto che in grado di spiegare e adottare soluzioni ragionate, si è trasferito nei processi amministrativi che hanno assunto aspetti di assoluta rigidità.
Soluzioni complicate
Fatta questa premessa generale che riteniamo importante per spiegare il contesto in cui operiamo, la preoccupazione che tra le altre ci ha tenuto impegnati negli ultimi due anni e che pensavamo, così come abbiamo proposto, potesse essere risolta in maniera semplice è stato il cambio di titolarità dell’autorizzazione di un fitosanitario.
Il cambio di titolarità rientra nel novero delle modifiche amministrative che sono considerate nel regolamento europeo 1107/2009 per le quali è previsto un periodo di smaltimento scorte per la vendita di 6 mesi e di 12 mesi per l’utilizzo.
I cambi di titolarità possono avvenire quando un titolare di autorizzazione cede a un altro la proprietà dell’autorizzazione stessa o anche semplicemente nel caso di modifica della ragione sociale.
Due fatti che non comportano alcuna modifica del prodotto.
Perché porre un limite?
La domanda allora è, per quale motivo porre un periodo di smaltimento delle scorte?
La ragione consiste nel fatto che quel prodotto potrebbe andare successivamente incontro a modifiche autorizzative, come cambio di colture ammesse o periodo di carenza o altro, e quindi la preoccupazione delle autorità che concedono l’autorizzazione è come fare ad informare il consumatore che aveva acquistato prima del cambio di titolarità delle modifiche intervenute.
Lo so che stiamo parlando del sesso degli angeli ma questa è la realtà.
Secondo il nostro modestissimo parere in questi casi non sarebbe necessario alcun intervento e lo smaltimento potrebbe avvenire gradatamente senza un periodo di tempo prestabilito infatti:
- si tratta di prodotti che sono stati utilizzati da anni,
- non hanno un livello di pericolosità tale da esserne vietato l’utilizzo,
anche nel caso di modifica successiva dell’etichetta la grande quantità di prodotto viene subito dopo l’acquisto. Potranno rimanere dei residui di magazzino ma in quantitativi limitati. Dove sta il rischio?
Naturalmente sono considerazioni che teniamo per noi. Al ministero della Salute per poter essere ascoltati abbiamo fatto una proposta alternativa, vale a dire sostituire lo smaltimento scorte con il “volantinaggio” della nuova etichetta e di fornire ai titolari di autorizzazione delle linee guida con le condizioni che il ministero stesso riteneva necessarie per avere la certezza che l’informazione delle modifiche intervenute arrivasse all’utilizzatore finale.
Rigidità amministrative
Uno sforzo inutile perché le rigidità amministrative che nascono dai pregiudizi demagogici non si lasciano scalfire. Questi ultimi finiscono sempre per prevalere anche dove ci si dovrebbe aspettare un atteggiamento pragmatico indirizzato alla reale valutazione del rischio.
La cosa sconcertante e che abbiamo segnalato avendo come risposta il gesto “delle spallette” sono le contraddizioni di queste forme di rigidità.
Ciò che importa è sparare sul mostro, non indagare sulle conseguenze di certe scelte. Perché, una volta terminato il periodo concesso per lo smaltimento, i prodotti per qualche motivo rimasti invenduti, ad esempio per l’andamento stagionale che non è predeterminabile, finiscono per trasformare le rivendite agrarie in punti di raccolta di rifiuti.
Così le discariche vengono riempite di prodotti che potrebbero essere, invece, utilizzati. Si tratta infatti di prodotti regolarmente autorizzati ma che hanno subito la modificata dell’etichetta per questioni regolamentari che non incidono sul contenuto del prodotto e sulle modalità di impiego.
Questi saranno poi sostituiti da altri identici con le nuove etichette, pertanto:
- doppio processo produttivo,
- doppia distribuzione,
- prodotti portati inutilmente in discarica.
Tutto questo dimostra solo una cosa la stupidità delle norme dettate dai pregiudizi demagogici.
Leggi l’articolo su AgriCommercio & Garden Center n. 8/2019
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