Dal 14 aprile fino al 3 maggio vige il nuovo dpcm 10 aprile 2020 – Misure di contenimento del contagio, che, nonostante microscopiche aperture, continua a penalizzare pesantemente il settore giardinaggio proprio nel clou della stagione, la primavera, momento irripetibile che normalmente fa il fatturato di un intero anno.
Ma tant’è, arrabbiarsi (contro il virus?) non serve a niente, ed è senz’altro più utile vedere nel dettaglio cosa il decreto permette di fare, per procedere poi a valutazioni personali da parte di ogni titolare di punto vendita circa un’eventuale prosecuzione del lavoro.
Chi può aprire
Il dpcm 11 marzo 2020 aveva chiuso, alla produzione e alla vendita, ogni tipologia di azienda legata al giardinaggio: dai produttori di macchine a quelli di terricci e agrofarmaci, dai vivai alle rivendite agrarie, dai garden center ai fiorai, dai manutentori ai grossisti di prodotti e accessori. Con buona pace di milioni di piante che hanno passato il momento utile alla vendita e sono state mandate al macero…
Il dpcm 22 marzo invece aveva riaperto i vivai e le aziende agrarie o floricole (codici Ateco 0.1): ciò significa che dall’ultima decade di marzo i produttori in proprio di piante, fiori, semi e prodotti per agricoltura (es. terricci) hanno potuto riprendere la produzione, con tutte le cautele sanitarie per i dipendenti, e la vendita. Hanno potuto sia vendere alla Gdo (e infatti in alcuni super e ipermercati è tornato il corner floricolo, senza fiori recisi perché non autorizzati), sia vendere al dettaglio, cioè riaprendo fisicamente il punto vendita alla clientela, ma sempre rispettando le norme sanitarie di protezione individuale e distanziamento imposte dal governo.
Il dpcm 10 aprile attualmente in vigore aggiunge un ulteriore tassello: possono riaprire i grossisti di fertilizzanti e altri prodotti chimici per l’agricoltura (Ateco 46.75.01), il che significa che i suddetti vivai e aziende floricole, ma anche i garden center e le rivendite agrarie possono venire rifornite di questi prodotti, sempre con le dovute cautele sanitarie. Riaprono anche le aziende che si occupano di selvicoltura e manutenzione delle aree forestali (Ateco 0.2) e soprattutto le imprese che effettuano cura e manutenzione del paesaggio (Ateco 81.3) “con esclusione delle attività di realizzazione” (in sostanza, si può intervenire sul verde pubblico o privato per svolgerne la manutenzione, ma non si può realizzare un giardino o impianto ex novo).
Chi non può aprire
Dall’11 marzo la ministra Bellanova è stata letteralmente subissata di richieste in materia di giardinaggio, soprattutto da parte delle aziende floricole e dai garden center, affinché intercedesse presso il ministero dello Sviluppo economico (Mise) per autorizzarne la riapertura.
L’opera è riuscita a metà, nel senso che consorzi agrari e rivendite (Ateco 47.52.40), garden center e fiorai (Ateco 47.76.10) sono rimasti chiusi alla vendita al pubblico sia dopo il 22 marzo, sia adesso dopo il 10 aprile.
Tutti questi punti vendita non possono riaprire alla clientela in tutta Italia.
Ma c’è a chi è andata o va peggio: il Piemonte non ha recepito il Dpcm 10 aprile, pertanto mantiene chiusi anche i grossisti di fertilizzanti e le imprese di manutenzione del verde. La Lombardia, che dall’11 marzo aveva tenuto chiuse alla vendita al pubblico le floricolture (che potevano invece vendere alla Gdo), adesso le riapre, insieme con i grossisti di fertilizzanti e la manutenzione. Il Veneto, che al 22 marzo aveva mantenuto chiuse le aziende floricole, aveva però già consentito a fine marzo la manutenzione del verde, e adesso si allinea pienamente al Dpcm 10 aprile.
Chi può vender a domicilio
Tutti i punti vendita citati, tuttavia, sin dall’11 marzo hanno avuto e hanno tuttora una grande possibilità per vendere ogni tipo di prodotto, cioè non solo piante, semi e terricci come attualmente permesso al dettaglio: la vendita attraverso telefono, mail, web e social con consegna a domicilio.
Il cliente ordina per telefono, Whatsapp, mail, messaggio su Facebook. Il punto vendita si accerta di possedere la merce richiesta e chiede il pagamento anticipato, via Paypal o bonifico. Una volta accertato l’accredito, il venditore consegna, in genere con mezzi propri, la merce a domicilio, nel rispetto delle norme sanitarie.
Come vendere a domicilio
È evidente che bisogna far sapere alla propria clientela (e ai nuovi potenziali clienti) che si effettua il servizio di consegna a domicilio. Il sistema migliore è segnalarlo nella Home page del proprio sito web e in un post fissato in alto su Facebook; su questo social vale la pena di fare una “sponsorizzata” mirata su utenti della propria zona (es. in un raggio di 10 km di distanza dal punto vendita).
Dato l’incremento di vendite dei quotidiani legato a #iorestoacasa, vale la pena anche di acquistare qualche spazio pubblicitario sul quotidiano locale, ed eventualmente sulla radio di zona.
Improvvisarsi in fretta e furia con uno shop-online, invece, ha poco senso: solo il lavoro di catalogazione online degli articoli proposti potrebbe finire oltre il 4 maggio, senza contare che non ha senso mantenere un e-commerce se già non si è conosciuti e ricercati nel web. Affidarsi a colossi come Amazon o Ali Baba significa lavorare tanto per guadagnare poco. Ha più senso provare con una piattaforma più piccola e meno onerosa, come Shopify o Etsy, avendo ben presente che sono comunque meno conosciute. In generale, il consiglio è di aspettare a sbarcare sul web per la vendita fino a quando l’emergenza Covid-19 non sarà passata.
Cosa possono fare i clienti
Infine, rimane il nodo di che cosa possono fare i vostri clienti per procacciarsi le piante e i materiali per giardinaggio. L’acquisto via fili telefonici o telematici con consegna a domicilio è sicuramente consentito. L’acquisto recandosi in vivaio dovrebbe essere consentito alle seguenti condizioni: autocertificazione per stato di necessità (acquisto di piante e semi), dispositivi di protezione individuali (soprattutto nelle regioni come Lombardia, Toscana, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige e Valle D'Aosta, dove è obbligatoria), obbligo di recarsi nel punto vendita più vicino all’abitazione e comunque non fuori dal Comune di residenza.
Va ricordato comunque ai clienti che l’attività di giardinaggio e orticoltura hobbistica è consentita solo nei pressi della propria abitazione, nelle pertinenze attigue: il Dpcm 11 marzo vieta di recarsi negli orti comunali (chiusi in tutta Italia), ma anche in terreni di proprietà distanti dalla propria residenza, fatta eccezione per l’Abruzzo, la Liguria e la Sardegna che hanno esplicitamente autorizzato la coltivazione, mentre in Trentino stanno vagliando l’ipotesi. In realtà, andare nell’orto lontano da casa è una “necessità” molto discrezionale: Sindaci e Presidenti di altre Regioni non la autorizzano esplicitamente, ma in alcune (es. Friuli, Toscana) sembra che le Forze dell’ordine non sanzionino questo tipo di spostamenti. Naturalmente nell’orto bisogna recarsi da soli e per effettiva necessità di lavorazioni e manutenzioni in atto.