A questo punto lo possiamo dire con dati alla mano: la campagna grano 2008-09 è stata tra le peggiori degli ultimi anni, con stime Agrit (programma statistico del Mipaaf) a –23% delle produzioni cerealicole 2009 su quelle 2008. Oltre i prevedibili cali delle superfici (tra il 15 ed il 18%) anche la qualità ha lasciato a desiderare, quantomeno in termini di difformità tra le varie aree. E pensare che i produttori di pasta sono alla perenne ricerca di uniformità qualitativa che, purtroppo, riescono a garantirsi solo con grani d’importazione.
Allo stesso modo è fin troppo semplice associare gli scarsissimi risultati quali-quantitativi all’impiego dei mezzi tecnici, primo fra tutti i concimi. Infine un cenno all’andamento climatico che sia in autunno sia in tarda primavera ha giocato un ruolo determinante soprattutto in alcune zone agricole.
Con questi dati oggettivi affrontiamo la nuova campagna di semina e, di là dal prevedere gli ettari dedicati al grano duro, piuttosto che al tenero o all’orzo, rivediamo alcuni concetti a cavallo di agronomia ed economia che guidino le scelte future in termini di fertilizzazione.
La regola teorica di base è sempre la stessa: conviene investire in concimi sino a che l’ultimo incremento di spesa ci assicura almeno l’equivalente recupero in valore della produzione. In parole povere: se 10 €/ha in più spesi in nitrato ammonico fanno incrementare il guadagno di almeno 11 €/ha, conviene investire. Noti i termini dell’equivalenza si devono indovinare i valori da inserire. Relativamente al prezzo dei concimi, Fertilizzare Oggi fornisce un costante aiuto agli agricoltori nella sezione dedicata al mercato, mentre il valore delle produzioni agricole si rileva settimanalmente e sono ben noti all’utilizzatore finale gli incrementi quantitativi legati alla concimazione. Continuando con l’esempio introdotto in precedenza, ipotizziamo che con 10 euro si comperano poco meno di 50 kg di nitrato ammonico e che incrementandone l’uso da 350 a 400 kg/ha si producono un paio di quintali di grano tenero in più (valore intorno i 30 euro), è facile verificare che l’investimento produce ancora un discreto utile.
Purtroppo non sempre gli agricoltori seguono regole tecniche, spesso e volentieri è la pratica quotidiana a dettare le sue regole. Nel nostro caso si deve lottare con aspetti psicologici duri da modificare così come con consuetudini storiche («faceva così mio padre») che solo in rari casi si adattano ai tempi moderni. Eppure qualcosa sta cambiando e proprio nei momenti peggiori gli imprenditori agricoli italiani hanno sfoderato soluzioni di vera innovazione. Il forte recupero degli investimenti a colza ne è un esempio, così come lo sono l’oculata gestione delle semine di soia e girasole come alternativa al mais. E cosa dire di come il sistema agricolo ha assorbito il ridimensionamento della barbabietola.
Facciamo un pò di conti
Analizzando l’andamento dei consumi di fertilizzanti di questi ultimi anni è facile verificare che buona parte degli agricoltori ha iniziato a fare i conti ma, allo stesso tempo, si notano storture e strani effetti collaterali in cui è l’apparato distributivo a monte che detta le sue regole e gestisce i consumi.
Un mercato a due velocità è quello che ci attende anche questo autunno. Le quotazioni della maggior parte dei fertilizzanti utilizzati in Italia sono tornate ai livelli di inizio 2007 e buona parte delle unità fertilizzanti vale tra il 40 e il 60% in meno rispetto a 12 mesi fa. Certamente anche il valore delle produzioni agricole è diminuito ma in valori percentuali inferiori. Riteniamo che, da un lato, ci saranno imprenditori agricoli attenti a questi repentini cambiamenti e altri che baseranno le loro scelte su considerazioni più concrete, per non dire di corto periodo.
Gli agricoltori che semineranno cereali il prossimo autunno, senza avventurarci in stime avventate temiamo saranno meno del 2008, devono fare i conti con un mercato dei concimi che è profondamente cambiato. Sarà indispensabile puntare tutto su qualità e quantità, insieme se possibile, e questi obiettivi passano necessariamente per la strada della nutrizione.
Si inizierà con le concimazioni alla semina che, quest’anno, non si potranno evitare laddove non si sono ripristinati i corretti equilibri nell’autunno 2008. Soprattutto il fosforo, lo ricordiamo, che essendo elemento a scarsissima mobilità, viene distribuito non tanto per la coltura che ci si appresta a seminare quanto per reintegrare l’impoverimento del terreno agrario.
Scelte ragionate
L’agricoltore virtuoso ha diverse opzioni di scelta che devono, però, basarsi sull’analisi del terreno e, in questo caso, sulla determinazione del fosforo assimilabile che fornisce un immediato valore della qualità del suolo agrario e della disponibilità di questo elemento per la coltura.
In caso di bassi valori si deve prevedere l’impiego di concimi da collocarsi quanto più vicini alla pianta e con forme fosfatiche di facile assimilazione (anidride fosforica solubile in acqua); se i valori analitici sono soddisfacenti, allora sarà il caso di limitarsi a reintegrare le asportazioni anche optando per prodotti con basso costo dell’unità fertilizzante. In terreni poveri di calcio e zolfo sarà da preferire il perfosfato semplice che, trattandosi di un concime di produzione nazionale, non ha nemmeno rischi legati alla disponibilità.
Certamente il fosfato biammonico, con il 64% di macroelementi, risulta essere uno dei concimi più convenienti soprattutto se consideriamo la scarsa disponibilità di perfosfato triplo le cui importazioni sono in sensibile diminuzione. Un cenno, infine, alla categoria degli “altri fosfatici” che, proprio in corrispondenza del calo del triplo hanno vissuto una fase di incremento dei consumi. In questo comparto hanno giocato un ruolo determinante gli anelli a monte della catena: produttori, importatori e distributori. Si è trattato, molto spesso, di operazioni commerciali con scarso valore tecnico-agronomico, in altri casi c’è stata qualche vera innovazione. In ogni caso le scelte devono dipendere dalle esigenze della pianta e del terreno in cui la si coltiva.
A partire da gennaio sarà l’azoto il protagonista della concimazione. Pensando che, con i prezzi di 12 mesi fa, con 10 euro si acquistavano meno di 22 kg di nitrato ammonico contro i circa 50 di oggi e che l’azoto influenza in maniera diretta qualità e quantità (i nostri obiettivi), è forse facile prevedere una ripresa dei consumi. Almeno in termini di investimento per ettaro coltivato, riteniamo che in molte aree si supereranno i 130 kg di azoto fino ai 170/180 kg nei terreni di pianura con elevate produzioni attese, al momento opportuno sarà il caso di valutare il costo dell’unità fertilizzante anche in funzione delle necessità nutrizionali della coltura. Vale a dire che non sempre la scelta cadrà sull’urea e che prodotti come i nitrati (basso ed elevato titolo), i vari concimi azotati a cessione graduale o, anche in questo caso, il gruppo degli “altri azotati” avranno il loro mercato. I maggiori problemi deriveranno, però, dal totale degli ettari seminati che, perdurando la tendenza alla flessione, porteranno ad una diminuzione dei consumi in valore assoluto.